Il filo conduttore di questa nuova passeggiata può riassumersi nel continuo inganno della storia, dei nostri stessi sensi e di ciò che pensavamo di conoscere. Insomma una fregatura dietro l'altra. A partire dal quartiere in cui ci troviamo.
Siamo in pieno ghetto Ebraico, e più precisamente in piazza Mattei..ma siamo davvero così sicuri che questa piazza sia effettivamente parte dell'antico ghetto Romano abitato dagli Ebrei? Torneremo a parlare di questo affascinante quartiere, che in pochissimi metri quadrati raccoglie una parte importantissima della storia della nostra città, ma per adesso ci basti sapere che il ghetto, così come venne originariamente concepito, si estendeva solamente tra via del portico di Ottavia e le rive del Tevere (prima dello sventramento che portò alla costruzione degli attuali argini). La piazza di cui stiamo parlando era infatti al tempo una vera e propria insula di proprietà della ricca famiglia Mattei: Cristiani, mercanti e (data la prossimità alle porte che un tempo delimitavano i confini del quartiere) affidatari delle chiavi con cui ogni sera al tramonto venivano serrate le porte dell'antico ghetto. Quindi non solo non ci troviamo nel quartiere Ebraico, ma dobbiamo immaginare di esserne idealmente chiusi fuori a chiave dalla potente famiglia Cristiana del luogo.
L'oggetto della nostra visita è la bellissima fontana al centro della Piazza Mattei, conosciuta come fontana delle tartarughe. La fontana venne originariamente progettata da Giacomo Della Porta per l'antica piazza Giudia (che ora non esiste più) secondo un programma di riqualificazione e di miglioramento delle condizioni igieniche all'interno delle mura del ghetto.
Muzio Mattei, avendone apprezzato il progetto, decise che avrebbe fatto una migliore figura in bella vista di fronte alle sue cristiane proprietà, e fece quindi pressioni affinchè fosse costruita nell'omonima piazza. Le famose tartarughe furono un aggiunta successiva ad opera del Bernini, e vennero poste a riempimento di un vuoto creatosi tra le mani dei quattro efebi in bronzo disposti ai lati della fontana e i bordi della vasca superiore, formatosi in conseguenza di un precedente lavoro di restauro. In poche parole una specie di rattoppo last minute! Sarebbe interessante capire perchè furono scelte come soggetto proprio delle tartarughe, ma è curioso pensare che ciò che oggi caratterizza la fontana anche nel nome fu solo un'aggiunta casuale, funzionale e soprattutto dettata da una scelta pressochè arbitraria. Sta di fatto che le tartarughe in questione vennero rubate più volte, prima con un rapimento di massa nel 1944 (poi rilasciate) e una seconda volta con la sparizione di una singola testuggine nel 1979. Ed è così che probabilmente qualcuno ha avuto la felice idea di sostituire i cari vecchi nani da giardino con una bella tartaruga del Bernini nel proprio cortile. In seguito a questi avvenimenti le tre tartarughe superstiti vennero definitivamente relegate nei musei Capitolini, e quelle che rimangono oggi a lasciarsi ammirare, ed eventualmente rubare dal prossimo decoratore di esterni, non sono altro che delle semplici copie.
Insomma il ghetto che non è il ghetto, una fontana che non sarebbe dovuta essere dove si trova e soprattutto delle tartarughe finte e messe li quasi per caso dopo oltre un secolo dalla realizzazione della fontana. Cosa c'è di autentico in tutto questo? A parte lo straordinario splendore di questa che è a mio parere una delle fontane più belle di Roma, di assolutamente realistico c'è come sempre la leggenda popolare che racconta la storia di questa geniale opera d'arte.
Si dice che il giovane duca Giacomo Mattei avesse qualche problemino con il gioco e come ci racconta il già citato Luigi Zanazzo nella sua raccolta di leggende popolari "nun faceva antro che ggiocasse l'animaccia sua notte e ggiorno". In una di quelle nottate brave riuscì a perdere tutto nel giro di una sola notte, e il padre della futura sposa, venuto a conoscenza del fatto, decise a quel punto di rifiutargli la mano di sua figlia. Il duca Mattei, offesissimo per essersi sentito dare dello spiantato e dello scioperato (e secondo me un sacco di altre cose), con una pensata alla Fabrizio Corona decise che per dimostrare di essere ancora ricco e potente avrebbe fatto tirare su in una sola notte una magnifica fontana di fronte alle sue proprietà. Il mattino dopo invitò padre e figlia a palazzo e spalancando la finestra di fronte a quella meraviglia, dimostrò ad entrambi di cosa potesse essere ancora capace. Ovviamente seguirono frasi coatte sul tipo "anvedi un pò uno spiantato come me che robba è è riuscito a 'ffa tirà su in una nottata?". Inutile dire che ricevette in cambio le dovute scuse e la disponibilità della fanciulla.
Da quel giorno, come celebrazione del fatto e affinchè l'episodio rimanesse unico nella memoria, stabilì che nessuno più si sarebbe affacciato da quella finestra, decidendo così di farla murare. Ed ecco perchè oggi possiamo ancora vedere una finta finestra murata sulla facciata di Palazzo Mattei di fronte alla fontana. Insomma ancora una volta ci scontriamo con qualcosa che non è come sembra! Ad inficiare la leggenda ci sono degli anacronismi, primo fra tutti la successività del palazzo rispetto alla data di costruzione della fontana. Ma per quelli che come me riuscirebbero a trovare anche le prove dell'esistenza di Babbo Natale, resta la convinzione che la fontana ( e questo spiegherebbe anche come sia stato possibile costruirla tanto in fretta) venne solo spostata durante la notte, magari proprio dall'originaria collocazione di piazza Giudia.
Torneremo presto a raccontare la storia di questo meraviglioso quartiere.
Nel frattempo vi consiglio di bere un drink al barocchissimo BarTaruga, giusto di fronte alla fontana. I prezzi non sono certo alla mano, ma visto il tema dell'inganno e dell'apparenza potrete sempre provare ad ammollare al proprietario una banconota del monopoli. In bocca al lupo!