Con l'arrivo della primavera e il risveglio degli appetiti (in realtà mai sopiti) siamo entrati ufficialmente nella stagione delle gite fuori porta. Ci sono solo alcune lievi controindicazioni: l'alzataccia domenicale per raggiungere a tempo debito il ristorante in questione e l'inevitabile incolonnamento di macchine al ritorno su una consolare a caso, con l'aggravante della pesantezza post digestiva e l'effetto subdolo del vinello di campagna a minare i nostri più elementari processi psicomotori. Eppure a volte ci dimentichiamo che Roma ha il privilegio di ospitare all'interno della sua stessa area metropolitana intere zone di campagna incontaminata, dove a un passo dallo skyline periferico dei nuovi quartieri satellite, è possibile illudersi di rivivere il mito perduto dell' Arcadia tra pecore, cavalli, merde di vacca e sapori genuini (infelice accostamento, mi rendo conto).
Questa parte dell'agro Romano che vi invito a conoscere è la riserva di Decima-Malafede, una sorprendente area naturale protetta, istituita nel 1996 ed interamente compresa nel comune di Roma. E finchè il nostro rispettabilissimo palazzinaro Roberto Carlino (proprio lui, quello che non vende sogni ma solide realtà), dall'alto della sua carica di presidente alla commissione ambiente della regione Lazio, non deciderà di metterci le mani per qualche rifinitissimo complesso immerso nel (fu) verde, vi consiglio una passeggiata alla scoperta di una parte della nostra città e del nostro passato agricolo capaci di conservarsi ancora immutati nel tempo (Il che vi sarà di aiuto anche per riprendervi dallo sgomento di sapere tale immobiliarista a capo della commissione ambiente della nostra regione, che sarebbe un pò come mettere la Franzoni alla commissione famiglia o Manuela Arcuri alla cultura). Per raggiungere la riserva dovrete prendere la Pontina nella carreggiata più esterna in direzione di Pomezia, fino a che, un paio di kilometri dopo aver superato il raccordo (all'altezza di Spinaceto), svoltando a sinistra tra una serie di brutture architettoniche e capannoni commerciali vi ritroverete catapultati in pochi secondi in uno scenario completamente diverso e inaspettato, con un contrasto così forte e immediato da lasciare quasi un senso di nostalgia per quello che temiamo di poter ancora perdere del nostro sempre più precario patrimonio naturalistico.
Proseguendo su via di valle Perna, ormai in aperta campagna, e con l'aiuto di qualche cartello, arriverete fino al complesso "agricoltura nuova" e alla storica torre di Perna, dove se avrete saggiamente evitato quelle fatidiche giornate da esodo di massa tipo pasquetta, 25 aprile o "prima domenica di sole dell'anno", sarete persino in grado di parcheggiare la macchina fuori da un fosso ed accingervi ad esplorare la zona circostante.
Agricoltura nuova è un interessante esempio di cooperativa Agricola, nata da un occupazione abusiva di terreni infine ottenuti in concessione, e il cui scopo, oltre a quello di tutelare l'area dall'edificazione selvaggia, consiste nel portare avanti un progetto agricolo tanto semplice quanto prezioso come quello di produrre alimenti sani e genuini direttamente per il consumatore finale. Ed è così che oggi, in questo piccolo villaggio-fattoria nato sotto l'ombra della torre di Perna, possiamo ritrovarci a fare acquisti in un piccolo supermercato di prodotti a Km zero, a deambulare barcollando dopo aver pranzato nelle grandi sale stile mensa sociale dell'ottimo ristorante, o a scegliere un cavallo per una passeggiata presso il maneggio del posto.
La Torre di Perna, nata come torre di avvistamento a protezione e controllo delle strade che portavano al vicino castello di Decima, divenne nel 1600 una sorta di castelletto-casale inserito nell'omonima tenuta di Perna, di proprietà di Pompeo Colonna, ed è oggi la sede della Casa del Parco.
Il sentiero parte attraverso un allevamento di api in arnie, dove, soprattutto se avrete evitato di spalmarvi la crema di cera d'api per rimediare agli effetti distruttivi dei bagordi del sabato, vi renderete conto di come la natura possa rivelarsi del tutto rassicurante quando è possibile sperimentarla nel suo contesto; e se anche siete soliti scatenare scene di panico con morti e feriti per colpa di un'ape infame entrata dal finestrino della macchina, riuscirete ad attraversare beatamente il ronzio di migliaia di api intente nel loro lavoro, ormai distanti anni luce dal familiare, ma ben più inquietante sottofondo di motori dalla strada. Dopo essere scesi nella valle il percorso risale attraverso un bosco di querce fino a raggiungere una collinetta ben arata. Da lì lasciate spaziare lo sguardo tra la valle sottostante, la torre di Decima in lontananza, l'odiata statale pontina e il profilo dei casermoni di Spinaceto, che sono li a ricordarci che in fondo questa campagna sconfinata è stata solo un'illusione, e che proprio per questo vale la pena che venga preservata più a lungo possibile.
Il ritorno e la salita sono il preludio al tipico pranzo della domenica. L'antipasto è già in tavola e il menù è fisso e abbondante. Alla fine appesantiti da un paio di chili e alleggeriti di 25 euro vino compreso, non resta che buttarsi nell'erba, sollevati al pensiero che tanto la strada per tornare a Roma non è lunga, perchè anche se non sembra, a Roma ci siamo già.
Alla faccia di Roberto Carlino e di tutti i palazzinari.
Il sito dell'agriturismo è http://www.agricolturanuova.it/ , dove trovate anche le indicazioni per raggiungere il posto e i menù della domenica! Se andate senza prenotare siete senza speranza.