martedì 7 maggio 2013
Vicolo scellerato. Dice che è colpa di Tullia.
Da sobborgo malfamato dell'antica Roma a rione popolare, oggi paurosamente tendente al radical chic: benvenuti nel rione Monti. Urbanisticamente isolato dagli sventramenti edilizi dell'Italia post-unitaria e successivamente dell'era fascista, irrimediabilmente sfregiato dal trionfalismo laico di via Cavour e dalla retorica celebrativa di via dei Fori Imperiali, continua nonostante tutto a sorprenderci con scorci inaspettati e atmosfere senza tempo. E persino la suggestiva salita dei Borgia, irrispettosamente tagliata in due dalla burocratica via Cavour, sembra non aver perso nulla della sua antica magia: la scalinata che si perde nel buio di una galleria, il palazzetto rinascimentale vestito d'edera e un balconcino fiabesco di foggia "raffaellita" ci regalano un angolo di assoluta poesia, che nasconde in realtà una vicenda di omicidi e intrighi familiari da far impallidire i più scaltri e psicopatici sceneggiatori di soap opera americane. Scenografia della storia è una rampa maledetta passata alla storia come vicus sceleratus (vicolo scellerato), simpatico soprannome le cui motivazioni storiche potremmo estendere oggi alla presenza del suonatore di fisarmonica che, in pianta stabile sotto l'arco, ha deciso di tormentarci quotidianamente con improbabili medley di musica napoletana e balcanica senza soluzione di continuità.
Per comprendere le origini della sinistra fama di questo luogo dobbiamo in realtà tornare indietro alla Roma dei Tarquini, gli ultimi di quei sette re di Roma che solamente in pochissimi sono capaci di elencare senza confonderli con i più celebri sette nani di Biancaneve. La protagonista di questa storia scellerata è Tullia minor, l'ambiziosa figlia dello schiavo Servio Tullio, succeduto come re di Roma all'etrusco Tarquinio Prisco in virtù di un fortunato matrimonio con la diretta discendente. Coerente con una certa politica matrimoniale, e soprattutto sentendosi in dovere di porre rimedio all'imbarazzante mancanza di nobile lignaggio, Servio Tullio decide di maritare entrambe le sue due figlie Tullia minor e Tullia maior (un plauso alla fantasia onomastica) ai due rampolli della casata dei Tarquini: Arunte Tarquinio e Lucio Tarquinio. Ma il sacro principio dell'eterna insoddisfazione vuole che quando si ottiene una cosa tra due si tenda sempre a preferire l'altra, e così anche Tullia Minor, una volta sposato Arunte, si rende conto di preferire Lucio. Donna ambiziosa e senza scrupoli scorgeva infatti nel cognato quelle doti di coraggio e scaltrezza che le avrebbero permesso di farsi strada. Un'attrazione corrisposta che a questo punto necessitava di soluzione. Quale? Ce la rammenta Tito Livio con con un esempio di fine e moderna ironia da un estratto della sua opera monumentale "ab urbe condita": "Lucio Tarquinio e Tullia minore, dopo aver reso libere le loro case per nuove nozze con due funerali quasi contemporanei, si unirono in matrimonio". In poche parole un doppio omicidio incrociato con matrimonio finale, per quel genere di storia che in tempi più attuali darebbe da mangiare a Bruno Vespa e Barbara D'urso nei secoli dei secoli. L'unione non basta a placare Tullia che, con l'obiettivo di diventare regina, dà inizio a un opera di sfiancante persuasione nei confronti del proprio consorte mettendolo di fronte ai suoi doveri: come legittimo erede della famiglia dei Tarquini è ora che reclami per se stesso quel trono occupato al momento dal suocero. "Se tu sei colui che pensavo di aver sposato, ti chiamo sia marito sia re; altrimenti, la mia condizione è mutata in peggio, perchè in te alla viltà si unisce il delitto", che detto diversamente rispetto a Tito Livio: "tuo fratello era uno sfigato. Tu sei peggio perchè oltre ad essere uno sfigato mi hai fatto pure commettere un omicidio". Con tali efficaci argomentazioni Lucio Tarquinio, finalmente convinto dalla bella Tullia, si reca a palazzo per autoproclamarsi legittimo re dei romani. Ne consegue uno scontro e una colluttazione tra genero e suocero (stile feste in famiglia), dove Servio Tullio e il suo svantaggio anagrafico hanno decisamente la peggio, con la conclusione che il povero vecchio re si allontana ferito da palazzo. Due sicari inviati dai suoi stessi parenti-serpenti finiscono il lavoro uccidendolo in mezzo alla strada, proprio lungo quel clivus urbius che al tempo correva al posto di questa scalinata. La gelida Tullia è la prima a riconoscere ufficialmente come re il proprio consorte, quell'ultimo dei sette che passerà alla storia come Tarquino il superbo (Tarquino l'infame sarebbe suonato più opportuno), dopodichè riprende imperturbabile la strada di casa accompagnata dal suo fedele cocchiere. Ed è proprio percorrendo questo stesso clivus che il cocchiere si ferma inorridito di fronte al corpo senza vita del re Servio Tullio. Pensate forse che a quel punto Tullia, sua figlia, sia stata colta da rimorso? Non esattamente, ma anzi "..resa folle dalle furie incalzanti della sorella e del marito, Tullia fece passare il cocchio sul corpo e sul veicolo insanguinato, lorda e schizzata lei stessa, portò le tracce del sangue e dell'eccidio del padre fino ai suoi Penati e a suo marito". E con questa scena degna di un film di Tarantino si conclude l'episodio che ha ribattezzato questo clivus con il nome di sceleratus.
Ma le leggende di questo vicolo non finiscono qui, ed è proprio il nome di "salita dei Borgia" a suggerirci, a ben duemila anni di distanza, una continuità tra due famiglie non proprio modello. Il meraviglioso palazzetto rinascimentale è ritenuto per tradizione popolare essere appartenuto alla bella Vannozza Cattanei, prima amante di Rodrigo Borgia, passato alla storia come Papa Alessandro VI. Vannozza diede al papa 4 figli, tra i quali si distinsero i più celebri Cesare e Lucrezia. In realtà il palazzetto risulta essere appartenuto alla famiglia dei Margani, e la presenza di Vannozza e Lucrezia appare in parte anacronistica rispetto alle vicende della proprietà. Come potremmo dunque giustificare questo legame con i Borgia impresso nella toponomastica del luogo? Probabilmente la fantasia popolare creò un parallelismo tra i personaggi femminili di Tullia e Lucrezia, entrambe vittime di una certa storiografia faziosa tendente al gossip, non proprio clemente nei loro confronti. Ed è forse per questo che Lucrezia, passata alla storia come un'incestuosa avvelenatrice senza scrupoli (in realtà solo una pedina politica manovrata dal padre e dal fratello in un gioco di alleanze matrimoniali), eredita da Tullia lo scettro di "scellerata" presenza femminile del posto. O forse il parallelismo riguarda i due omicidi avvenuti all'interno di uno stesso nucleo familiare, dal patricidio di Tullia al "presunto" fratricidio commesso da Cesare contro Giovanni, il quale proprio da questo palazzo si dice sia uscito in quell'ultima notte prima che il suo corpo martoriato venisse restituito dalle acque del Tevere. Ad ogni modo l'unico a credere fermamente all'effettiva presenza dei Borgia in questa strada fu il celebre poeta romantico inglese Lord Byron che, durante il suo soggiorno romano, si recava ossessivamente ogni notte sotto quel balcone e, stringendo feticisticamente tra le mani una ciocca di capelli biondi, immaginava la bella e pericolosa Lucrezia affacciarsi pensierosa. Dopo tanto sangue, intrighi e delitti concludiamo quindi con una giusta nota di romanticismo, e quella sfumatura che ci aiuta a riconciliarci con la magia di questo angolo di Roma. Se poi Tullia volesse dare una ripassata col suo cocchio anche al suonatore di fisarmonica, direi che potremmo persino perdonarla.
"Dice che" questo sia proprio un bel blog...e ammazza se è vero. ;-) Tua lettrice number 200, quale onore eh? Complimenti, da oggi in poi ti leggo con piacere. Eh se ti avanza un po' di tempo passa anche dalle mie parti...^_^
RispondiEliminaCiao Valentina e benvenuta!! Il vero onore è essere letto da una Orsini in realtà! ;) Tutto a posto coi Colonna? ;) passerò sicuramente a trovarti!
EliminaHai capito la Tullia... XD
RispondiEliminaBel post, caro Andrea.
Grazie Amlè! Era un pò che latitavo...vado a vedè che fine hai fatto :))
EliminaBella storia, come tutti i post precedenti.
RispondiEliminaPer quanto riguarda il fisarmonicista che rompe...l'incanto, basta non dargli l'obolo! Se non ci fossero le beghine dal buon cuore,le nostre strade sarebbero più civili.
heheheh rompe..l'incanto mi piace! In realtà ce l'avevo più con le qualità musicali del singolo che con gli artisti di strada in genere. Uno bravo magari avrebbe potuto rendere ancora più suggestiva l'atmosfera, ma mesà che ormai i talenti li trovi tutti nei reality e non certo per strada :/
EliminaStupendo! meno male che ci sei te che ci proponi queste chicche su Roma! :-) a presto Luisa
RispondiEliminameno male che ce siete voi che me date soddisfazione :D Grazie Luisa
EliminaCi hai fatto aspettare ma ne è valsa la pena!
RispondiEliminaApplausi.
Grazie Attanasio!! In effetti ho latitato...tipico della bella stagione ;)
EliminaMolto carino. Grazie.
RispondiEliminaGrazie a te Franco e benvenuto sul blog!
EliminaGrande Andrea !
RispondiEliminaAnche io ho citato Vannozza de' Cattanei nel mio ultimo post (e mi sa che sarà l'ultimo davvero perché, visto il tema, rischio le manette hahahahahaha).
Non sapevo l'origine del nome del vicolo... Adesso, la prossima volta che ci passerò, starò un po' più attento... non si sa mai :-D
Ciaooo
P.s.: i sette peccati capitali so' ancora più difficili :-D
Azz me devo prende un giorno de ferie pe leggelo tutto!! Lo farò con calma...anche perchè avevo intenzione di organizzare una passeggiata a tema (non un puttantour..ma una più poetica riscoperta della Roma delle celebri cortigiane). Vabbè ho capito se vedemo ar gabbio :))
EliminaCose di altri tempi o stretta attualità?
RispondiEliminastretta attualità..anche se adesso Tullia ce sarebbe passata cor SUV invece che col cocchio :)))
Eliminabè ... però potevi anche aggiungere qualcosa su quel che si trova una volta completata la salita. Vero che Roma ha troppe cose da citare, spesso misconosciute ... ma quelle catene e quelle statue, per motivi diversi, meritano una citazione, o forse un post ad hoc, non credi? :-)
RispondiEliminaPensavo più ad un post ad hoc in effetti :) troppa carne al fuoco da le vertigini :D! però magari prendi spunto tu e un bel post sul Mosè di Michelangelo me lo fai leggere dalle tue parti!
EliminaAhahahaha, sempre forte Andre'.
RispondiEliminaOggi, a proposito di rotocalchi d'epoca, ne ho sapute delle belle riguardo una tal Giulia....figlia di Augusto nonché moglie di Marcello (sì, quello del Teatro), che da nipote diventò così pure genero di Augusto, cosa che durò poco... (un intreccio che levate...)
Senti..i re de Roma te li posso di pure all'incontriario...provamo con i nanetti, ok?
dotto, eolo, gongolo, pisolo, mammolo, cucciolo eeee... aspetta, eh...
Son sicuro inizi con la bi... ... ... Ah, Bombolo!!! :D :D :D
:)))
Giulia almeno riusciva ad essere trasgressiva senza spianare i genitori morti con un cocchio ;) Bombolo era il nano che faceva TZ TZ, evvè? ;)
Elimina:D :D :D :D !!!!
Elimina(tz tz)
Femme fatale... Da sempre le donne sanno come manovrare un uomo, diavolo però che stronza 'sta Tullia...
RispondiEliminaUn saluto André :)
più che altro questa sapeva come manovrare una carrozza ;) ciao bello!
Eliminaciao Andrea, mi piace la nuova veste grafica del tuo blog!!! baci
RispondiEliminagrazie Francesca...e buon viaggio ;)
EliminaMamma mia guarda un vicolo quanto c'ha da dire! Da romantica quale sono preferisco l'ultima parte e vedendo il palazzetto rinascimentale vestito d'edera sembra proprio che valga una visita (anche se quei gradini mi faranno venire un infarto) Ciao Andrea sei speciale.
RispondiEliminaCiao Tiziana! Sempre belle parole da te..facciamo finta che me le merito và :) Di gradini Monti è piena...io la chiamo ginnastica culturale. Vale la visita, soprattutto perchè in cima a quella scalinata troverai il famosissimo Mosè di Michelangelo!
EliminaDice che...sto blog ce piace 'na cifra!! Complimenti Andrea, è un sito magnifico.
RispondiEliminaOh ma grazie!!!! :D Fa sempre bene una bella dose de incoraggiamento ;)
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