mercoledì 13 giugno 2012

Dice..che c'entra Torquato Tasso coi Templari?


A voler cercare un legame tra Torquato Tasso e i Cavalieri dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, il pensiero corre immediatamente alla "Gerusalemme Liberata", celebre componimento epico del poeta che proprio dei cavalieri Crociati cantava le gesta che portarono alla conquista del Santo Sepolcro. Ed è in virtù di questo vincolo poetico che il Tasso e i Crociati si riscoprono oggi insoliti coinquilini all'interno dell'incantevole chiesa di S.Onofrio, che dalle alture del Gianicolo domina la città custodendo gelosamente i propri segreti, la poesia di un grande autore e un pezzo di storia che, perdendosi nelle nebbie leggendarie delle prime crociate, resiste ancora oggi in perfetto e affascinante anacronismo con il presente di una città che non conosce confini tra passato e futuro. Il complesso ecclesiale, edificato sul luogo di un precedente romitorio dedicato appunto a S.Onofrio, risale al 1439 ed è direttamente collegato al lungotevere attraverso la suggestiva e omonima salita di S.Onofrio, opera urbanistica realizzata dopo circa un secolo sotto Papa Leone X, perfettamente adatta a sperimentare un gravosissimo trekking urbano in pendenza per tutti coloro che con un lampo di genio abbiano scelto di parcheggiare a valle piuttosto che direttamente sul Gianicolo.


Come anticipato, la storia di questo luogo è legata innanzitutto alla figura di Torquato Tasso, che nel 1595 si spense in una delle stanze del convento dopo aver scelto di trascorrere in questo angolo di quiete l'ultimo periodo della sua vita borderline. Come spesso accade, genio e creatività vanno a braccetto con la follia, e il nostro Torquato in quanto a manie di persecuzione, attacchi di insicurezza al limite del morboso (in visita alla sorella nascose la propria identità per annunciarle la propria morte, desideroso di assistere a una reazione addolorata) ed esplosioni di ingiustificata violenza alla corte Estense, non si fece mancare proprio nulla. Come artista dei nostri tempi avrebbe certamente vestito i panni di una rockstar con problemi di droga e alcolismo, assiduo frequentatore di programmi di rehab nelle più esclusive cliniche per VIPs. Ma a quel tempo bisognava accontentarsi di ospedali religiosi e conventi, e fu così che il nostro Torquato Tasso dopo un primo soggiorno forzato all'ospedale di S.Anna, fece la sua ultima e definitiva tappa a Roma proprio al convento di S.Onofrio sul Gianicolo. E' dunque all'interno della chiesa, nella prima cappella sul lato sinistro (nella prima a destra non perdete invece una meravigliosa Annunciazione di Antoniazzo Romano), che possiamo ammirare l'imponente monumento funebre dedicato al poeta. Il luogo, al pari del cimitero di Pere-Lachaise a Parigi con le studentesse in perenne pellegrinaggio alla tomba di Jim Morrison, divenne meta di poeti e personalità artistiche, tra i quali si annoverano il fosco Goethe e l'allegro Giacomo Leopardi. Scrisse il Leopardi in proposito: "fui a visitare il sepolcro del Tasso e ci piansi. Questo è il primo e l'unico piacere che ho provato in Roma". Sono certo che Giacomo non abbia avuto il tempo di provare una Gricia o un Cacio e Pepe, piaceri che avrebbero certamente allungato la sua lista, ma ammirando il delizioso giardino panoramico, dove oggi troneggia una fontana costruita proprio in onore dell'anniversario della morte del Tasso, possiamo in parte comprendere le sue emozioni suscitate da quest'angolo di quiete e bellezza sospeso sui tetti di Roma.


Esattamente alle spalle del panorama, attraversando l'atrio di ingresso, accederemo ad un piccolo e splendido chiostro architettonicamente arricchito da una galleria superiore porticata, dove ancora una volta potremo sorprenderci di quanta pace e semplice armonia possa nascondersi nel cuore di una metropoli impazzita, a due passi dai famelici e impuniti parcheggiatori abusivi del vicino ospedale Bambin Gesù. Le lunette affrescate in occasione del giubileo del 1600, raccontano episodi della vita di S.Onofrio, in cui non ci vengono risparmiate le consuete derive nel trash tanto care all'aneddotica agiografica, su tutti la cerva bianca che per tre anni nutrisce S.Onofrio col suo latte.
Tornando nuovamente nell'atrio di ingresso ci troveremo di fronte ad un portone sulla cui sommità troneggia lo stemma dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro. Il 15 agosto del 1945 Papa Pio XII concede infatti all'Ordine la chiesa e il cenobio di S.Onofrio, con la scusa di un felice e a suo parere appropriato accostamente con il Tasso, ormai così legato al nome della chiesa e autore di quell'opera che proprio dei cavalieri del Santo Sepolcro esaltava le gesta. Fu così che l'ordine divenne custode, oltre che della chiesa, anche di un piccolo e prezioso museo dedicato al poeta che, nascosto oltre la porta "stemmata", è divenuto negli anni sempre più inaccessibile. Si vocifera (espressione ben più aleatoria del consueto "dice che") che il cosiddetto museo Tassiano sia visitabile ogni martedì pomeriggio tra le 16:00 alle 18:00, e trovandomi appunto sul posto di martedì alle 16:05 ora locale, devo ammettere di essermi sentito estremamente ottimista riguardo alle possibilità di accesso al suo interno. In realtà, dopo la scampanellata di rito, vengo gentilmente invitato a contattare la sede principale dell'Ordine in via della Conciliazione per inoltrare una richiesta di permesso speciale che possa garantire la visita al luogo, la cui concessione (come tende geneticamente a sottolineare ogni Romano addetto ad una qualsiasi mansione da sportello pubblico, che preveda il rilascio di un qualsivoglia pezzo di carta al questuante di turno)  viene fatta apparire come impresa estremamente difficile e dalle dubbie possibilità di riuscita (il tutto accompagnato da un'eloquente alzata dell'intera arcata sopraccigliare).


Avendo tempo da perdere e un post da scrivere mi reco dunque in picchiata per la salita di S.Onofrio (infinitamente più apprezzabile percorsa in discesa)  diretto verso la sede centrale dell 'Ordine. A ricevermi è un Custode del Santo Sepolcro Amatriciana style (non che mi aspettassi una solenne tunica crociata, ma la canotta bianca attillata sulla panza si è rivelata decisamente sotto le aspettative), il quale recitando un estratto in versi dalla "Gerusalemme Liberata" si è premurato di comunicarmi che "Aò, nun devi chiede a noi, manco c'avemo le chiavi!". A nulla sono valse le mie rimostranze sul triste rimpallo da una sede Crociata all'altra in perfetto stile ufficio postale. "Devi da parlà co Benito su alla chiesa! (azz..) Lo deve capì che so loro i custodi!" (Benito e i Templari...Voyager avrebbe di che speculare per decine di puntate). A questo punto mi muovo deciso a fare una piazzata al cospetto dei Cavalieri dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, che messo in questi termini mi fa sentire molto eroe, e stando a quanto racconta Dan Brown, anche piuttosto a rischio! In realtà la facilità con cui chiedendo del signor Benito vengo accolto all'interno senza neanche la soddisfazione di incazzarmi, mi fa ben comprendere come tutta la pantomima della richiesta di permessi speciali sul genere Area 51 altro non  fosse che un arguto sistema Templare per evitare di avere visitatori rompicoglioni tra i piedi.

Alla fine è proprio il gentilissimo Signor Benito che mi accompagna alla scoperta di questo piccolo scrigno di ricordi e poesia, dove il vissuto di pochi semplici cimeli trasmette tutta l'emozione di trovarsi in presenza di un grande artista, tra gli artefici del nostro patrimonio letterario. Tra prime edizioni, manoscritti, oggetti personali, e un leggio originale di sua appartenenza, spicca una maschera di cera modellata sul viso del defunto Torquato ad immortalarne le fattezze ad imperitura memoria. La visita, forse anche per la soddisfazione di essere riuscito nell'impresa, si rivela decisamente emozionante. C'è anche un piccolo aneddoto che lega S.Onofrio alla figura del Tasso. La più piccola delle tre campane della chiesa, la preferita del poeta, fu quella che per sua espressa richiesta ne accompagnò con i rintocchi la dipartita. Si dice che nel corso del celebre assedio di Roma del 1849, Garibaldi si recò sul posto per requisire le campane di tutte le chiese sulla linea delle operazioni allo scopo di farne cannoni, e venuto a conoscenza della storia si commosse a tal punto che decise di risparmiare fra tutte solamente la piccola campana del Tasso.

Una volta usciti dalla chiesa si può concludere la passeggiata risalendo il Gianicolo sulle tracce dei personaggi di questa storia, e passando per quel che resta della celebre quercia del Tasso, arriveremo infine sulla vetta del colle, dove la statua di Garibaldi e i busti degli eroi dell'unità di Italia, sentinelle del panorama più bello del mondo, sono li a ricordarci che ogni tanto, e per quanto difficile possa sembrare in questi tempi di mediocrità e cafoneria, un rigurgito di sano patriottismo possa farci solamente un gran bene.


La Chiesa di S.Onofrio si trova in Piazza di S.Onofrio 2 al Gianicolo ed è aperta tutti i giorni (escluso Agosto) dalle 9:00 alle 13:00. Per la visita del Museo Tassiano, generalmente ammessa il martedì tra le 16:00 e le 18:00, vi consiglio comunque di telefonare. Se qualcuno fosse veramente interessato mi contatti e vedrò di procurare il numero del signor Benito con il quale sarà possibile concordare una visita.
Infine come sempre vi ricordo l'uscita del libro intitolato "Roma Fuoripista", che vi accompagnerà alla scoperta dei migliori itinerari nascosti nel consueto stile "Dice che a Roma". Per ordinarlo on-line o per consultare la lista delle librerie dove trovarlo vi rimando al link http://www.romafuoripista.com/

venerdì 1 giugno 2012

Dice che anche il duce saltava la palestra

Nel caso in cui aveste avventatamente investito un capitale per il vostro abbonamento annuale in palestra, la cui frequentazione si fosse definitivamente risolta in un paio di ingressi scarsi (di cui il secondo esclusivamente per l'uso dell'idromassaggio), potrebbe consolarvi sapere che "qualcuno" di tristemente noto si comportò persino peggio. All'interno del Palazzo delle Terme al Foro Italico scopriremo infatti la cosiddetta palestra del duce, capolavoro di architettura razionalista dell'allora giovanissimo Luigi Moretti, destinata agli allenamenti privati di Mussolini, il quale decise infine di non metterci piede motivando la sua latitanza dagli attrezzi con un populistico disdegno verso l'eccessiva lussuosità del luogo (una scusa che riutilizzerei volentieri se non fosse quantomeno poco credibile riferita a quella specie di scantinato di periferia con le docce scardinate dalla parete che non frequento ormai da tempo immemore). Purtroppo, quello che possiamo vedere attualmente è quanto rimane di una "devastazione ristrutturale" operata dalla fine degli anni Settanta che, stravolgendo completamente l'ambiente originario, ha trasformato una meravigliosa palestra risplendente di marmi di Carrara in una pacchianissima sala conferenze quasi completamente rivestita di orribile moquette rossa.

Tutto questo, e lo stato di incuria in cui versa il resto del Foro Italico, è certamente frutto di quella relativa vicinanza temporale ad eventi funesti per la nostra democrazia che, in una sorta di damnatio memoriae collettiva, hanno forzatamente spinto anche la produzione artistica del periodo in un dimenticatoio punitivo. Vi invito quindi ad abbandonare ogni pregiudizio e, con la stessa obiettività estetica con la quale ammirate estasiati e sorridenti l'arena di un Colosseo teatro di indicibili massacri, ad apprezzare quella che può essere considerata l'ultima vera espressione artistica di valore nella storia dell'architettura Italiana. Il Foro Italico, originariamente battezzato come Foro di Mussolini in un megalomane riferimento ai Fori Imperiali dell'antica Roma, a differenza degli illustri predecessori urbanistici destinati al commercio, alla religione e alla politica, venne progettato come centro di formazione sportiva e ( ovviamente ) ideologica. Il Palazzo delle Terme, con la sua piscina olimpionica di 50 metri, opera del Costantini, si inserisce dunque in questo parallelismo imperiale con chiari rimandi architettonici alle terme romane, in particolare nell'uso di un'imponente decorazione a mosaico realizzata da Giulio Rossi. Un ascensore privato collegava direttamente la piscina con la palestra, ambiente che nel nostro caso raggiungeremo in veste di comuni mortali attraverso una più classica rampa di scale.

Una volta entrati ci troveremo al cospetto di una semplice e piuttosto deludente sala conferenze, tra le altre cose dall'aria vecchiotta e polverosa, apparentemente distante anni luce da quel tempio per la cura del corpo elegante e sofisticato che il giovane architetto Luigi Moretti fu chiamato a realizzare. Solamente attraverso un processo di decostruzione mentale, con il quale toglieremo pezzo dopo pezzo tutto il brutto impadronitosi del luogo (partendo ovviamente da quell'orrenda moquette rosso-sanguinaccio, che nella scellerata mente di qualcuno avrebbe dovuto fare pendant con gli esterni in rosso pompeiano degli edifici del Foro) comprenderemo quale moderno capolavoro architettonico si trovi celato davanti ai nostri occhi.

Un  luogo metafisico originato da contrasti di luce, linee estremamente rette, elementi sospesi e piccoli dettagli di rottura, che come il più studiato dei difetti in un perfetto contesto somatico (il classico dente storto sul viso armonioso dell'attricetta bona), altro non fanno che dare vitalità ad una compassata perfezione: ed è così che le pareti marmoree dalle rigide lastre perfettamente lucide definiscono la sala curvando inaspettatamente agli angoli, mentre la "trasgressiva" presenza di una scala elicoidale sul fondo spezza impunemente la rigorosa linearità del contesto (Sgarbi, esci da questo corpo!). Persino la scelta e il taglio dei marmi che rivestono le pareti non è casuale, con le venature che si compongono in un preciso disegno dall'andamento speculare. A questo punto dovremmo scardinare le poltrone e sfondare il controsoffitto per ritrovare il perfetto equilibrio originario della zona destinata all'attività fisica vera e propria, dove in sequenza sospesa trovavano posto i singoli attrezzi necessari all'allenamento (il quadro, una fune, la pertica, oggi purtroppo assenti).

Sul fondo della sala, alle spalle di un tramezzo marmoreo valorizzato dalla presenza di una delle due statue di bronzo dorato realizzate da Silvio Canevari, troviamo la zona relax disposta su due livelli, collegati fra loro dalla famosa scala elicoidale, elemento catalizzatore di tutte le linee rette che come in una spirale animata si avvitano verso l'alto perdendosi in un apparente movimento continuo (e se non fosse Sgarbi, ma quello che ho fumato?). Nel piano inferiore, tra mosaici a forte connotazione simbolica del Severini ed elegantissimi portoni neri con inserti marmorei, trovavano posto il bagno, lo spogliatoio e la zona massaggi, mentre al livello superiore l'intera zona era riservata alla "cura del sole artificiale": un solarium ante-litteram, destinato alla produzione in via sperimentale del primo tiranno lampadato della storia. Potremmo continuare per ore a scoprire ogni singolo dettaglio di un ambiente dove nulla è stato lasciato al caso, ma il consiglio che vi do è quello di prepararvi anticipatamente su quello che era il luogo prima della sua "rancorosa espoliazione", per poi infine ricreare e sperimentare sul posto la suggestione di un'architettura maledettamente perfetta ed estremamente moderna.

In prossimità dell'uscita passeremo nuovamente sopra  il mosaico di ingresso di Gino Severini, raffigurante Icaro che cade a testa in giù come conseguenza dell'ardito gesto di essersi avvicinato nel suo volo troppo vicino alla luce del sole (il sole come riferimento al duce): "dux mea lux", recitava il celebre slogan fascista...e guardando la scala di fronte viene spontaneo pensare unicamente alla squallida luce artificiale di quell'antico solarium. E alla fine tutto torna.

E' possibile visitare la palestra del duce esclusivamente in occasione di visite guidate speciali organizzate da associazioni culturali (cercate su internet e vedrete che prima o poi qualcosa esce fuori ;) )
Infine vi ho già detto che è uscito il libro? (solo una milionata di volte). Insomma se vi piace il blog e non sapete che cosa regalare agli amici allora andate sul sicuro e cliccate su http://www.romafuoripista.com/, dove oltre alla possibilità di acquistare "Roma Fuoripista" on line troverete anche la lista delle librerie che lo spacciano a Roma.

GRAZIE ALL'AMICO MARCO PER LE FOTO!