mercoledì 29 agosto 2012

Dice che dalla stazione di Porta S.Paolo si viaggia..nel tempo


L'estate sta finendo (involontaria citazione trash anni Ottanta) e, complice la paventata crisi economica, moltissimi tra i romani hanno scelto per quest'anno di limitarsi ad un pendolarismo estivo di consolazione verso gli ameni lidi di Ostia Beach. Nel corso dell'ultimo secolo la linea ferroviaria Roma-Ostia lido della stazione di Porta San Paolo ha consentito a generazioni di bagnanti di transumare verso l'agognato refrigerio del litorale metropolitano, lungo questa mitica tratta che rimane tutt'oggi un'esperienza obbligata per ogni vero romano, e che varrebbe la pena affrontare anche solo per osservarne la variegata umanità che ne popola allegramente banchine e vagoni munita di pranzi al sacco, materassini oversize e ombrelloni contundenti: una versione decisamente più estiva e colorata rispetto alle grigie tonalità di solitudine che siamo abituati ad incontrare nei convogli metropolitani in orario di ufficio. Per chi non lo sapesse, una volta attraversato il varco muniti di biglietto, c'è la possibilità di ingannare l'attesa con un rapido salto nel passato delle ferrovie metropolitane, attraverso una breve visita all'adiacente Parco Museo Ferroviario dell'Atac. Agli incazzatissimi utenti dei mezzi in questione, che contino di riuscire ad ammirare in loco una collezione di scalpi degli amici di Alemanno nepotisticamente infiltrati in azienda, dispiace comunicare che dovranno accontentarsi di una curiosa esposizione di tram e locomotori d'epoca, affiancati da tutta una serie di cimeli a tema rinvenuti tra depositi, stazioni e uffici amministrativi. 


Una volta entrati verremo accolti con sospetto e delusione da una serie di locomotori in disuso, e quelle che a prima vista ci appariranno come vecchie macchine arenate in un capolinea di periferia qualsiasi, si riveleranno in realtà essere dei piccoli gioielli d'epoca dai nomi altisonanti di Locomotore 05, Tram 404, ed Elettromotrice ECD21. La possibilità di salire a bordo per un viaggio temporale su binario è il classico bonus che farà sicuramente la differenza. Ed eccoci così montare all'interno del tram 404, classe 1939, un tempo operativo su quel percorso fatto di sogni e speranze che da Termini conduceva a Cinecittà. Tra i vecchi sedili in legno e la scoperta di dettagli d'epoca, una serie di vetrinette conservano documenti e scartoffie a tema tra i quali è doveroso segnalare l'originale di un certificato di richiesta di "prolungamento malattia" di un ex lavoratore, la cui presenza in sede di esposizione ci piace leggerla come autoironica celebrazione delle attitudini dei dipendenti pubblici. In poche parole la "cazzata" di un ex dipendente nostro antenato assurge alla dignità di documento storico che diventa pezzo da museo. Raccoglimento e devozione di fronte al cimelio sono richiesti ad ogni vero fancazzista che si rispetti.


Ancora più affascinante risulta l'esplorazione a bordo dell'elettromotrice ECD21 (per i profani una sorta di mix tra convoglio postale e treno passeggeri) in rappresentanza dei convogli della ferrovia Roma- Civita castellana-Viterbo. Il cosiddetto treno della Tuscia, oltre a sfoggiare la sua buca postale itinerante brandizzata "Regie Poste" sulla fiancata, destinata a  raccogliere la corrispondenza lungo le stazioni, ( ogni commento comparativo o riflessione sulle moderne tecniche di comunicazione suonerebbe banale e retorico, ma non resisto e devo farlo: "altro che le e-mail di oggi!"),  ci accoglie al suo interno in uno scomparto viaggiatori di terza classe dagli originali arredamenti lignei. Sarebbe certamente interessante approfondire i dettagli della cabina-sala macchine o l'interno del piccolo ufficietto adiacente allo scomparto bagagli, ma l'esperienza più significativa è certamente quella di sedersi al "proprio" posto, chiudere le tendine e immaginare una destinazione di sessant'anni fa per un viaggio nella storia che, complice la propria fantasia, pochi musei sanno ancora regalare. Se poi qualcuno dovesse sorprendervi mentre leggete il vostro libro comodamente seduti prendendovi per pazzo, è comunque un problema suo.


Tornati all'esterno possiamo chiedere al disponibilissimo e gentilissimo personale (e lo dico senza ironia) di condurci verso l'ex biglietteria estiva, testimone di un tempo in cui l'incremento dei viaggiatori su rotaia verso l'esotico lido di Ostia necessitava di sportelli aggiuntivi per la stagione calda, in linea con quella consueta efficenza di regime tuttora tristemente glorificata (ed effettivamente dei "treni in orario" la nostra storia ne avrebbe fatto volentieri a meno). All'interno è visibile un'ulteriore collezione di inutili e curiosi cimeli che, tra vecchi pacchi di biglietti inutilizzati e tessere ingiallite di ex dipendenti, potrebbero al limite destare interesse esclusivamente in un frequentatore accanito di mercatini delle pulci. E anche in questo caso saranno la fantasia e l'immaginazione a regalarci l'emozione più forte, quando tenteremo di rievocare una nostalgica cartolina d'epoca dove bagnanti del secolo scorso si accalcano in fila per un biglietto verso l'eccezionalità di una giornata al mare a quegli stessi sportelli ormai chiusi. Ma il cuore dell'esposizione e la vera sorpresa che ci riporterà alle nostre primitive pulsioni ludiche è la "stanza segreta" con il plastico dei trenini elettrici. Anche in questo caso sarà il custode di turno ad introdurci in una stanza dominata dal cosiddetto plastico Urbinati (dal nome dell'autore), rappresentante la stazione e la centrale elettrica di Osilo (che una googlata veloce collocherà in provincia di Sassari in Sardegna). L'accensione del plastico ferroviario ci lascerà incantati come bambini troppo cresciuti, mentre in un loop alienante continueremo a seguire il trenino che entra ed esce dalle gallerie, con un sorriso ebete dipinto sul volto e la conseguente e comprensibile commiserazione mista ad orgoglio negli sguardi del custode.

Alla fine della visita ci siamo meritati una serie di gadget da veri fedelissimi, tra i quali una T-shirt brandizzata Atac, che indossata in pandant con la relativa borsa di tela, potrebbe risultare un ottimo metodo per girare con i mezzi pubblici senza biglietto, nella speranza che l'ostentata devozione per il marchio ci aiuti a simpatizzare con il controllore di turno (come effetto collaterale potreste apparire perfetto capro espiatorio per un assalto di vecchine incazzate alla fermata dopo 50 minuti di attesa abbondante).

Il piccolo Museo del Trasporto si trova all'interno della stazione di Porta San Paolo ed è aperto ad ingresso libero (solo io ho pagato il biglietto per passare i tornelli?) dal lunedì al giovedì, dalle 9:00 alle 16:00 e il venerdì dalle 9:00 alle 13:00 


giovedì 2 agosto 2012

Dice che il principe era ossessionato dalle civette


Sarebbe certamente più logico raccontare la storia della Casina delle Civette andando di pari passo con quella dell'intero complesso di Villa Torlonia, l'eccentrica dimora del Marchese Giovanni Torlonia che alla fine del Settecento stabilì di meritarsi una fastosa residenza degna di un titolo nobiliare appena accaparrato, ma soprattutto delle proprie sconfinate e indecenti ricchezze accumulate in anni di speculazioni in combutta con gli occupanti Francesi. Tuttavia questo bizzarro edificio fantasy da sempre sembra vivere di vita propria, appartato dall'intero contesto residenziale esattamente come l'ambiguo erede della famiglia, Giovanni Torlonia Jr, che fino al giorno della sua morte avvenuta nel 1938 scelse proprio la Casina delle Civette come residenza privata ai margini del parco, per ritirarsi, così come recita l'iscrizione sulla porta di ingresso, in "Sapienza e Solitudine" (in parole povere "per cazzi suoi").


L'intero parco venne gradualmente trasformato in una specie di Disneyland per volere di Alessandro Torlonia a partire dal 1832, con la conseguente progettazione della Casina delle Civette che, originariamente realizzata come rifugio di montagna in lungimirante anticipo sulle attuali tendenze eco-chic, assunse in prima battuta l'evocativo nome di Capanna Svizzera. In pieno delirio da ecstasy erano sorte nel frattempo tutt'intorno finte rovine romane, obelischi rosa, villini medievali e persino una grotta moresca. Alla morte di Alessandro subentrò il nipote Giovanni, il quale tramite "magheggio" anagrafico riuscì ad ottenere il cognome della madre sposata ad un Borghese (nel senso della nobile famiglia dei Borghese) al fine di garantire continuità alla dinastia dei Torlonia: ed è così che facciamo la conoscenza di Giovanni Torlonia Jr. Il giovane principe decise dunque di spostare la sua residenza all'interno dell'ex Capanna Svizzera, che per suo gusto e volere subì una curiosa metamorfosi in villaggio medievale a seguito di tutta una serie di interventi architettonici che tra logge, loggette, torrette e porticati dai risvolti fiabeschi trasformarono in breve tempo il rifugio alpestre in castelletto. Non ancora soddisfatto, e coerentemente in linea con la sua fama di misantropo e amante dell'esoterismo, volle aggiungere un tocco personale all'intera costruzione, facendola dotare di elementi simbolici ricorrenti, oggetto delle sue personalissime ossessioni: prima fra tutte la civetta.


E mentre Giovanni sceglieva di vivere ai margini del parco in pieno isolamento liberty tra lumache, civette, trifogli e ancora civette, il corpo principale di Villa Torlonia venne affittato nel frattempo (1925) a Benito Mussolini alla simbolica cifra di 1 lira. All'apparenza semplici compagni di bonifica, in virtù del mastodontico intervento bonificatore operato dai Torlonia nella piana del Fucino in Abruzzo a partire da nonno Alessandro (opera che integrò la collezione di titoli familiari con "la fascia" di principe del Fucino), i due personaggi erano in realtà legati da tutta una serie di interessi che, in quanto rappresentanti del potere politico e finanziario del momento, furono alla base del loro "avvicinamento"; un avvicinamento talmente letterale da farceli infine ritrovare come improbabili vicini di casa. Cito dalla commemorazione dell'allora presidente del senato alla morte di Giovanni Torlonia Jr: "...(egli) rappresenta uno dei contributi più cospicui coi quali l'iniziativa di un privato abbia saputo assecondare l'azione generale del governo fascista per la redenzione del suolo d'Italia"! Alle spalle di cotanta redenzione agricola c'è tutta la storia di un famiglia di mercanti arricchiti, che tra speculazioni, matrimoni studiati a tavolino con le nobili famiglie romane e appropriazioni di titoli nobiliari e proprietà a fronte di prestiti non restituiti da parte di aristocratici in malora, divenne in breve tempo una vera potenza politica e finanziaria (la banca del Fucino è tuttora presieduta dai Torlonia).

E come sempre quando si parla di potere e finanza, non può ovviamente mancare l'elemento esoterico-massonico, in questo caso perfettamente e ripetutamente rappresentato nella quotidianità della dimora del principe. L'intervento più evidente e caratterizzante fu comunque la realizzazione di meravigliose vetrate liberty, dalla scuola del maestro Cesare Picchiarini, su disegni di quattro diversi artisti (Cambellotti, Bottazzi, Grassi e Paschetto), i cui lavori dotarono l'intero complesso di un patrimonio artistico senza precedenti fortunatamente sopravvissuto in parte fino ad oggi. Tra tutte si distingue la vetrata delle civette, su disegno di Duilio Cambellotti, ennesima rappresentazione dell'animale notturno, le cui fattezze vennero morbosamente riprodotte nelle fogge del mobilio della camera da letto. Non essendo rimasto quasi nulla dell'arredo orginario, possiamo oggi solamente immaginare le sembianze di una civetta ossessivamente ripetute su lampade, comodini e pomelli del letto, mentre rimane comunque al suo posto l'inquietante volo di pipistrelli a stucco sul soffitto del letto, come prova e a garanzia di una certa stravaganza del principe ai confini del "fuori de capoccia". Simbolo ambivalente sin dai tempi dell'antico Egitto, la civetta rappresenta da un lato la saggezza e l'illuminazione di chi possiede la capacità di scrutare attraverso le tenebre, ma è allo stesso tempo legata al tema opposto della morte e dell'oscurità: "sapienza e solitudine", appunto.


Il percorso ci guida attraverso i due piani della villa alla scoperta di ciò che rimane a seguito dell'eccellente lavoro di restauro che salvò l'edificio da un progressivo degrado, iniziato con l'occupazione delle truppe anglo-americane, proseguito con l'incuria e i saccheggi e terminato con il disastroso incendio del 1991. Dovremo dunque lavorare di fantasia, stimolati da quei piccoli meravigliosi dettagli superstiti e dalle descrizioni di ogni singolo ambiente, capaci di riportarci alle eleganti atmosfere vissute dall'inquietante erede dei Torlonia. E attraversando il fumoir (viene voglia di accendersi una sigaretta al solo nominarlo) e il salottino delle 24 ore, rappresentate sulla bellissima volta dipinta come 24 discinte fanciulle, per poi raggiungere il più intimo piano superiore, conosceremo passo dopo passo tutte le ossessioni e le simbologie in cui il principe Torlonia amava ritirarsi. Set perfetto per un horror di classe e allo stesso tempo romantico scenario di una passeggiata metafisica, quando la luce dell'esterno si colora attraverso le preziose vetrate inondando l'ambiente di soffuse tonalità pastello. I pochi manufatti originali sono arricchiti da un esposizione di bozzetti e riproduzioni di vetrate liberty, un percorso di nicchia che perde valore di fronte alla potenza comunicativa di un luogo allo stesso tempo misterioso e affascinante, capace di restituirci nel vuoto dei suoi ambienti quella meravigliosa qualità che sempre meno utilizziamo: l'immaginazione per riempirlo. E alla fine non potremo fare a meno di vedere il principe riposare sotto quel lugubre volo di pipistrelli.

La Casina delle Civette si trova all'interno del Parco di Villa Torlonia, con ingresso in via Nomentana 70 ed è aperta tutti i giorni escluso il lunedì dalle 9:00 alle 19:00.
E con questo "Dice che a Roma" (ovvero me medesimo) se ne va in vacanza fino a settembre. Per non sentire la mia mancanza come sempre la butto là..compratevi il libro "Roma Fuoripista"! Sul solito sito troverete la possibilità di prenderlo on-line e la lista delle librerie dove acquistarlo: www.romafuoripista.com

BUONE VACANZE A TUTTI!