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martedì 5 luglio 2011

Dice che le nozze di Cana si terranno a Trinità dei Monti. RSVP

Se iniziassi questo post nominando Trinità dei Monti, pensereste subito che a secco di suggerimenti originali, percorsi alternativi e tesori nascosti, abbia deciso di condurvi sulla celebre scalinata di Piazza di Spagna, dove di veramente nascosto sembrerebbe non esserci rimasto nient'altro che la superficie dei gradini ben celati sotto i culoni oversize dei turisti americani in bermuda. Eppure proprio lassù in cima, superate le azalee, i venditori ambulanti e i bivacchi di ogni sorta, c'è un intero percorso fatto di sorprese, effetti ottici e panorami mozzafiato del tutto sconosciuti persino alla maggior parte di noi autoctoni Romani. Sto parlando del convento di Trinità dei Monti, una vera e propria enclave Francese nel centro della città, dove persino essere ospitati nel sobrio bed and breakfast all'interno della struttura risulta essere privilegio esclusivo riservato ai soli Francofoni, così come recita la brochure. Per chi invece non distingue un "oui" da un "aò", è comunque consentito l'accesso e la visita del complesso, per quanto sia necessario farne richiesta con congruo anticipo in attesa che le francofone suorine diano il loro benestare.

Il convento nasce dalla devozione dei re di Francia Luigi XI e Carlo VIII per S. Francesco da Paola, un eremita Calabrese molto dedito, la cui fama di taumaturgo si sparse rapidamente in tutta Europa. Fondatore dell'ordine dei cosiddetti frati Minimi, Francesco si vide coinvolto suo malgrado in un complesso gioco politico tra il papato e la Francia, le cui conseguenze significarono per lui l'abbandono della soppressata e del suo tranquillo eremitaggio calabro, a favore di un trasferimento e della conseguente trasformazione in santo di corte presso gli stessi monarchi Francesi. Fu proprio Carlo VIII, che in seguito all'acquisto di alcuni terreni nella zona del Pincio, decise all'inizio del '500 di fondare il monastero dell'ordine dei suddetti frati Minimi, in quello che ancora oggi rimane insieme all'adiacente accademia di villa Medici una proprietà dello stato Francese nel centro di Roma (e avoja a chiamarla Piazza di Spagna). A conferma di ciò possiamo ammirare nel bellissimo chiostro di ingresso un'interessante galleria di ritratti dei Re di Francia, alternati ad episodi della vita del santo fondatore dell'ordine. Tali Minimi Francesi, che tra fisici, teologi, astronomi, botanici e matematici, a discapito del nome possono in realtà considerarsi dei massimi capoccioni, trasformarono nel tempo questo luogo in un vero e proprio centro di studio e di ricerca, dove anche l'arte riuscì ben presto a trovare espressione nei suoi aspetti più tecnici e sperimentali. La prima sorpresa la ritroviamo infatti sotto forma di un anamorfosi dipinta lungo il corridoio del primo piano del convento. Per chi è pronto a replicare con "anache?" tenterò di spiegare che per anamorfosi si intende un particolare artificio ottico secondo il quale riusciamo a distinguere una certa immagine solo se osservata da una precisa prospettiva, preferibilmente obliqua, mentre spostandoci verso la più classica visione frontale, la stessa "si trasforma" in qualcosa di completamente diverso.

Ed è così che procedendo lungo il corridoio avremo modo di osservare sulla parete sinistra un ritratto di S. Francesco da Paola in preghiera sotto un ulivo, la cui figura si distorcerà allungandosi gradatamente mano a mano che proseguiremo nella sua direzione, finchè ponendoci frontalmente rispetto al dipinto ci accorgeremo di come il soggetto si sia improvvisamente trasformato in un paesaggio bucolico raffigurante le coste della Sicilia e della Calabria. In tutto questo S. Francesco rimane solo come piccolo elemento del paesaggio, mentre lo vediamo attraversare lo stretto di Messina utilizzando il suo stesso mantello come zattera (Mc Gyver avrebbe apprezzato). Tra un "oh" di ammirazione e un "anvedi sto padre Maignan" (autore dell'esperimento) procederemo nella stanza successiva dove, dopo aver giocato con gli effetti ottici, si passerà decisamente alle cose serie.

L'intera volta del corridoio è infatti affrescata con la raffigurazione di una meridiana a riflessione, altrimenti detta astrolabio gnomonico catottrico, che lungi dall'essere una citazione di Tognazzi e della sua celebre supercazzula con scappellamento a destra, non è altro che una sorta di precisissimo quanto complesso orologio, dato dalla rappresentazione di un intricato gioco di linee intersecate e segni zodiacali, disegnati lungo tutta la parete. Secondo una serie di complicatissimi calcoli, tale meridiana è in grado di indicare con estrema precisione orari e situazioni astronomiche, leggibili grazie al riflesso del sole proiettato da  uno specchietto posto sul davanzale della finestra. Potreste rimanere per ore ad ascoltare affascinati le spiegazioni di questo piccolo miracolo di scienza e tecnica, e sono certo che come me continuereste a non capirci assolutamente un cazzo.
Ma le soprese non sono finite e, una volta tornati nel chiostro, vi invito a visitare l'interno del refettorio dei Frati, un ambiente completamente affrescato da padre Andrea Pozzo ( e poteva mancare in questa confraternita di frati geni l'autore della  finta cupola di S.Ignazio di Loyola?). Utilizzando i suoi artifici di pittura prospettica, frate Pozzo ci trasporterà questa volta direttamente nel bel mezzo della scena del miracolo delle Nozze di Cana. I'effetto di profondità corre lungo tutte e quattro le pareti del refettorio, dove oltre gli archi di una terrazza si svolgono le celebrazioni delle nozze, tra musici, servitori, e invitati che sporgono fisicamente oltre l'immagine coinvolgendo in prima persona gli spettatori. Anche in questo caso dovremo porci esattamente in un punto preciso della sala, luogo di convergenza di tutte le linee prospettiche: il solito punto di vista concessoci da frate Andrea Pozzo per darci la possibilità di accedere al suo gioco di prospettive catapultandoci al centro di questa movimentata rappresentazione.

Persino l'illuminazione sembra scaturire internamente dall'affresco, con la parete illuminata dall'unica finestra volutamente dipinta con colori più accesi e tratti più definiti rispetto alla sua opposta facciata, che quasi sembra confondersi nell'ombra indistinta dell'assenza di luce naturale. Di fronte a noi, dove la sala sembra sfondarsi verso l'azzurro del cielo oltre gli archi, ritroviamo i veri protagonisti del racconto: Gesù, Maria e un servitore, il quale in una perfetta rappresentazione dinamica del momento clou (la trasformazione dell'acqua in vino) sembra pronto a scendere al centro della stanza per iniziare a distribuire tra gli invitati l'agognata bevanda frutto del miracolo. L'effetto provocato negli spettatori, in questo caso i commensali del refettorio, è proprio quello di partecipare al miracolo in prima persona. Che i pasti dei frati fossero frugali poco importa, ma l'illusione di ubriacarsi con Gesù alle nozze di Cana è certamente un privilegio che solo questi religiosi scienziati avrebbero potuto permettersi.
Ebbri del buon vino di Gesù e dei tanti artifici prospettici, il modo migliore per riconciliarsi con la prospettiva reale sarà quella di ammirare il meraviglioso panorama che si apre di fronte a noi dai giardini del monastero confinanti con Villa Medici.

L'ultima curiosità prima di abbandonare questo luogo riguarda una celletta nella zona posteriore del convento, completamente affrescata in maniera tale da presentarsi come un ambiente a metà strada tra una caverna e un'antica rovina romana, secondo un'illusione che potesse richiamare quell'idea di eremitaggio tanto cara al fondatore dell'ordine dei Minimi. Dettaglio curioso è la presenza di un pappagallo colorato, il cui significato non è stato ancora bene interpretato, ma che sembra quasi rappresentare alla perfezione quel contrasto tra l'originale esperienza eremitica di Francesco e la stridente frivolezza di quella corte di Francia, dove a malincuore il nostro santo Calabrese terminò i suoi giorni.
Dopo l'espulsione dei Minimi Francesi a seguito delle guerre della Rivoluzione Francese il convento è stato dopo molti anni di abbandono affidato alle religiose del sacro cuore, che tuttoggi lo abitano e a cui è possibile fare richiesta per una visita privata telefonando allo 066794179.
In bocca al lupo!