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venerdì 1 giugno 2012

Dice che anche il duce saltava la palestra

Nel caso in cui aveste avventatamente investito un capitale per il vostro abbonamento annuale in palestra, la cui frequentazione si fosse definitivamente risolta in un paio di ingressi scarsi (di cui il secondo esclusivamente per l'uso dell'idromassaggio), potrebbe consolarvi sapere che "qualcuno" di tristemente noto si comportò persino peggio. All'interno del Palazzo delle Terme al Foro Italico scopriremo infatti la cosiddetta palestra del duce, capolavoro di architettura razionalista dell'allora giovanissimo Luigi Moretti, destinata agli allenamenti privati di Mussolini, il quale decise infine di non metterci piede motivando la sua latitanza dagli attrezzi con un populistico disdegno verso l'eccessiva lussuosità del luogo (una scusa che riutilizzerei volentieri se non fosse quantomeno poco credibile riferita a quella specie di scantinato di periferia con le docce scardinate dalla parete che non frequento ormai da tempo immemore). Purtroppo, quello che possiamo vedere attualmente è quanto rimane di una "devastazione ristrutturale" operata dalla fine degli anni Settanta che, stravolgendo completamente l'ambiente originario, ha trasformato una meravigliosa palestra risplendente di marmi di Carrara in una pacchianissima sala conferenze quasi completamente rivestita di orribile moquette rossa.

Tutto questo, e lo stato di incuria in cui versa il resto del Foro Italico, è certamente frutto di quella relativa vicinanza temporale ad eventi funesti per la nostra democrazia che, in una sorta di damnatio memoriae collettiva, hanno forzatamente spinto anche la produzione artistica del periodo in un dimenticatoio punitivo. Vi invito quindi ad abbandonare ogni pregiudizio e, con la stessa obiettività estetica con la quale ammirate estasiati e sorridenti l'arena di un Colosseo teatro di indicibili massacri, ad apprezzare quella che può essere considerata l'ultima vera espressione artistica di valore nella storia dell'architettura Italiana. Il Foro Italico, originariamente battezzato come Foro di Mussolini in un megalomane riferimento ai Fori Imperiali dell'antica Roma, a differenza degli illustri predecessori urbanistici destinati al commercio, alla religione e alla politica, venne progettato come centro di formazione sportiva e ( ovviamente ) ideologica. Il Palazzo delle Terme, con la sua piscina olimpionica di 50 metri, opera del Costantini, si inserisce dunque in questo parallelismo imperiale con chiari rimandi architettonici alle terme romane, in particolare nell'uso di un'imponente decorazione a mosaico realizzata da Giulio Rossi. Un ascensore privato collegava direttamente la piscina con la palestra, ambiente che nel nostro caso raggiungeremo in veste di comuni mortali attraverso una più classica rampa di scale.

Una volta entrati ci troveremo al cospetto di una semplice e piuttosto deludente sala conferenze, tra le altre cose dall'aria vecchiotta e polverosa, apparentemente distante anni luce da quel tempio per la cura del corpo elegante e sofisticato che il giovane architetto Luigi Moretti fu chiamato a realizzare. Solamente attraverso un processo di decostruzione mentale, con il quale toglieremo pezzo dopo pezzo tutto il brutto impadronitosi del luogo (partendo ovviamente da quell'orrenda moquette rosso-sanguinaccio, che nella scellerata mente di qualcuno avrebbe dovuto fare pendant con gli esterni in rosso pompeiano degli edifici del Foro) comprenderemo quale moderno capolavoro architettonico si trovi celato davanti ai nostri occhi.

Un  luogo metafisico originato da contrasti di luce, linee estremamente rette, elementi sospesi e piccoli dettagli di rottura, che come il più studiato dei difetti in un perfetto contesto somatico (il classico dente storto sul viso armonioso dell'attricetta bona), altro non fanno che dare vitalità ad una compassata perfezione: ed è così che le pareti marmoree dalle rigide lastre perfettamente lucide definiscono la sala curvando inaspettatamente agli angoli, mentre la "trasgressiva" presenza di una scala elicoidale sul fondo spezza impunemente la rigorosa linearità del contesto (Sgarbi, esci da questo corpo!). Persino la scelta e il taglio dei marmi che rivestono le pareti non è casuale, con le venature che si compongono in un preciso disegno dall'andamento speculare. A questo punto dovremmo scardinare le poltrone e sfondare il controsoffitto per ritrovare il perfetto equilibrio originario della zona destinata all'attività fisica vera e propria, dove in sequenza sospesa trovavano posto i singoli attrezzi necessari all'allenamento (il quadro, una fune, la pertica, oggi purtroppo assenti).

Sul fondo della sala, alle spalle di un tramezzo marmoreo valorizzato dalla presenza di una delle due statue di bronzo dorato realizzate da Silvio Canevari, troviamo la zona relax disposta su due livelli, collegati fra loro dalla famosa scala elicoidale, elemento catalizzatore di tutte le linee rette che come in una spirale animata si avvitano verso l'alto perdendosi in un apparente movimento continuo (e se non fosse Sgarbi, ma quello che ho fumato?). Nel piano inferiore, tra mosaici a forte connotazione simbolica del Severini ed elegantissimi portoni neri con inserti marmorei, trovavano posto il bagno, lo spogliatoio e la zona massaggi, mentre al livello superiore l'intera zona era riservata alla "cura del sole artificiale": un solarium ante-litteram, destinato alla produzione in via sperimentale del primo tiranno lampadato della storia. Potremmo continuare per ore a scoprire ogni singolo dettaglio di un ambiente dove nulla è stato lasciato al caso, ma il consiglio che vi do è quello di prepararvi anticipatamente su quello che era il luogo prima della sua "rancorosa espoliazione", per poi infine ricreare e sperimentare sul posto la suggestione di un'architettura maledettamente perfetta ed estremamente moderna.

In prossimità dell'uscita passeremo nuovamente sopra  il mosaico di ingresso di Gino Severini, raffigurante Icaro che cade a testa in giù come conseguenza dell'ardito gesto di essersi avvicinato nel suo volo troppo vicino alla luce del sole (il sole come riferimento al duce): "dux mea lux", recitava il celebre slogan fascista...e guardando la scala di fronte viene spontaneo pensare unicamente alla squallida luce artificiale di quell'antico solarium. E alla fine tutto torna.

E' possibile visitare la palestra del duce esclusivamente in occasione di visite guidate speciali organizzate da associazioni culturali (cercate su internet e vedrete che prima o poi qualcosa esce fuori ;) )
Infine vi ho già detto che è uscito il libro? (solo una milionata di volte). Insomma se vi piace il blog e non sapete che cosa regalare agli amici allora andate sul sicuro e cliccate su http://www.romafuoripista.com/, dove oltre alla possibilità di acquistare "Roma Fuoripista" on line troverete anche la lista delle librerie che lo spacciano a Roma.

GRAZIE ALL'AMICO MARCO PER LE FOTO!