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mercoledì 9 gennaio 2013

Dice che a Dragona ce trovi pure l'uovo di dinosauro


Quest'oggi ho deciso di accompagnarvi in un'insolita gita fuori porta, dove per "porta" intendiamo i confini del Grande Raccordo Anulare, e per "fuori" tutte le possibili accezioni di tale espressione, a partire da un sempre stimolante "fuori" dalla quotidianità, dalla logica e dalla nostra dimensione, per concludere infine con un meno rassicurante "fuori" di testa. Ci troviamo a Dragona, nome che riporta alla mente le atmosfere magiche di una letteratura fantasy da Terra di Mezzo, in realtà comunissima frazione del più sterile hinterland metropolitano, fatto di anonime stradine residenziali martoriate dalle classiche buche di ordinanza made in Rome. Ed è proprio tra le palazzine di Dragona che si nasconde il Museo Agostinelli, luogo che nonostante la categorizzazione museale sfugge a qualsiasi definizione e che ci viene presentato nell'omonima brochure come "la più ampia raccolta al mondo di Arti, Tradizioni e non solo...", confermando in questo modo l'evidente difficoltà di classificazione della nostra meta.


Il museo nasce dalla mente del proprio fondatore, Domenico Agostinelli, commerciante d'arte e restauratore che, nel corso dei suoi viaggi intorno al mondo a partire dagli anni Cinquanta, ha lasciato che la sua canonica attività professionale degenerasse in una compulsiva raccolta e catalogazione di ogni sorta di oggetto o testimonianza, dando il via ad un mostruoso numero di collezioni dei generi più disparati, che come in un processo di implosione del big bang sono confluite nel piano terra di questa palazzina di Via Donato Bartolomeo. Le circa quattrocento collezioni dichiarate sembrerebbero riassumere tutte le conquiste del genere umano, dalle monete alla carta igienica, passando per flipper, immagini sacre, orologi e mappamondi. Tra marionette e raccolte di necrologi anche l'occulto trova il suo spazio in una nicchia popolata di teschi e bambole vodoo, mentre nella stanza della musica un'orgia di strumenti, spartiti e busti di compositori celebri vi stordirà con un silenzioso, ma piuttosto caotico concerto visivo. Ed è per questo che ho amato subito questo (non) luogo. L'impressione è quella di oscillare tra l'ingresso nel paese delle meraviglie di Lewis Carrol e quello in un incubo di Dario Argento, e non potrete che lasciarvi entusiasmare e tramortire dalla molteplicità di stimoli di un mondo dove sembra non esserci rimasto un solo centimentro quadrato di spazio libero di superficie.


A me piace immaginarlo come il paradiso degli oggetti smarriti, un romantico limbo dove potrete infine riabbracciare e ricongiungervi con i circa centodiciotto ombrelli sperduti irrimediabilmente in giro durante tutto il corso della vostra esistenza. E se è vero che nella mente di un genio c'è sempre un fondo di follia, non possiamo che definire geniale questa raccolta: nell'apparente disordine ogni cosa è in realtà meticolosamente catalogata per scomparti, e solo dopo essere stati catapultati in questo vortice a prima vista insensato, la vostra mente, come per un meccanismo di autodifesa, e con lo stesso processo per cui gli occhi si abituano lentamente al buio, inizierà a distinguere un filo conduttore. E così tra cartelli scritti a mano, scatole e cassetti tutto sembra ricomporsi in una logica sfuggente, per poi scomporsi improvvisamente in una nuova ricerca senza riferimenti,  fino a quando rivivrete quella stessa paranoica sensazione (di quella volta ad Amsterdam) che siano gli oggetti a trovare voi. Si narra che in questo caos siano custodite delle autentiche chicche, come un uovo di dinosauro, i capelli di Garibaldi e una lettera autografata di Maria Antonietta. Devo ammettere di non aver chiesto lumi ai gentili proprietari per individuarne la collocazione nonostante fossi partito già informato sui fatti e deciso a prenderne visione, ma devo riconoscere come la cosa sia passata in secondo piano una volta scoperto che l'eccezionalità del posto non era certo dovuta alla presenza di questi sparuti cimeli, ma all'esistenza stessa di questa creatura multiforme nella sua interezza, dove tra meteoriti e animali imbalsamati, l'autenticità di un singolo oggetto diventa l'ultima delle preoccupazioni.


Questo passare dall'incredulità all'entusiasmo, per poi concludere con una leggera nota malinconica e una raucedine da polvere, rende la scoperta del museo Agostinelli una vera e propria esperienza multisensoriale. In questo generale sbandamento anche lo spazio diventa un concetto relativo, e quelle che da fuori sembrano due o tre sale di un piano terra delle dimensioni di un negozio, si trasformano all'interno in uno sconfinato susseguirsi di ambienti dove il concetto di vuoto è bandito da ogni categorizzazione mentale. Alcune zone rimangono off-limits, mentre in altre è specificato che si può accedere solo accompagnati. Il motivo sta nella presenza di numerosi oggetti potenzialmente fragili o pericolosi, come una collezione di taglienti bisturi chirurgici che, come spiega la proprietaria alimentando un brivido sulla schiena e una goccia di gelido sudore sulla fronte, nel caso qualcuno ne afferrasse uno e ZAC (accompagnato da un convincente mimo del taglio della gola) potrebbe trasformarsi in un problema. Se tutto questo sembra avere poco senso, in realtà il museo Agostinelli rappresenta anche una miniera di materiali ad uso e consumo di registi teatrali e cinematografici (si fanno i nomi di Avati, Zeffirelli e Tornatore), una specie di cilindro magico dove è possibile reperire gli strumenti per dare vita con verosimiglianza a qualsiasi tipo di scenografia.


I membri della famiglia estremamente gentili e disponibili, l'ingresso gratuito e la possibilità per gli appassionati di scatenarsi in un delirio fotografico senza restrizioni rendono questa visita, oltre che speciale nel suo genere, anche estremamente piacevole e rilassata. Sempre che essere fissati da decine e decine di bambole di porcellana appostate ad ogni angolo non rappresenti un problema per la serenità della vostra successiva attività onirica. Unico effetto collaterale al momento dell'uscita è una certa spossatezza come da postumi di un viaggio nel tempo, con il cervello sul punto di soccombere alla molteplicità di informazioni diverse, coattivamente assorbite nel giro di un paio d'ore...o forse erano solo pochi minuti?

Il museo Agostinelli si trova a Dragona in via Donato Bartolomeo 48 ed è visitabile dalle 8:30 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00 (chiuso sabato pomeriggio, festivi e ad agosto). Tel: 06/5215532