Visualizzazione post con etichetta Quartiere Garbatella. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Quartiere Garbatella. Mostra tutti i post

martedì 3 maggio 2011

Dice che al vino e "al resto" ci pensa la garbata ostella (II parte)

Segue la seconda parte dell'itinerario alla scoperta della Garbatella (leggete la prima parte se non l'avete ancora fatto).

Dopo avervi abbandonato per tre giorni in un estenuante aperitivo all' "acino brillo", prima di riprendere il nostro percorso sarà innanzitutto opportuno tastarvi il polso e accertarmi che siate ancora vivi. Fatto questo, vi invito a rimettervi in marcia per proseguire nell'esplorazione del quartiere, alla scoperta delle bellezze che la nostra garbata ostella tiene ancora in serbo per noi.

Prima di lasciare piazza Sant'Eurosia e i suoi dintorni, vi suggerisco di volgere la vostra attenzione al famoso lotto 24 confinante con la Piazza, altrimenti detto lotto delle "casette modello". Questo vero e proprio laboratorio di sperimentazione urbana, venne edificato nel tempo record di soli 5 mesi in occasione del XII Congresso Internazionale delle Abitazioni e Piani Regolatori del 1929 (pensate che palle), con lo scopo di celebrare le potenzialità estetiche di stampo razionalista applicate alla funzionalità dell'edilizia popolare, il tutto ovviamente a fini dimostrativi e propagandistici. Venne quindi indetto un vero e proprio concorso a cui parteciparono i più importanti architetti della "scuola Romana". Tra questi si distinse e si accaparrò il titolo di vincitore (stop al televoto) l'architetto Mario De Renzi, con l'esecuzione del cosiddetto villino Palladiano all'angolo tra via delle Sette Chiese e via Borri, così come ricordato sulla lastra posta ai piedi del cancelletto di ingresso. Il risultato di questo esperimento è un'isola urbanistica a se stante, dalle architetture sobrie e lineari, che si inserisce con la sicurezza dell'abito "casual" in questo contesto a tratti esageratamente neobarocco e a tratti eccessivamente troppo ministeriale. Sempre nelle adiacenze della piazza, esattamente sul lato opposto, non mancate di fare un salto alla cosiddetta "chiesoletta" di garbatella, dedicata ai Santi Isidoro ed Eurosia e molto cara agli abitanti del quartiere, in particolare legati al suo oratorio, luogo di aggregazione di generazioni di ragazzi tra partite di pallone, prime canne e interminabili sfide a biliardino (il capitano della Roma Di Bartolomei si formò proprio su questo campetto).

Vale sicuramente la pena dare un'occhiata alla simpatica meridiana posta sul muro della chiesa ed incisa su una lastra di marmo. Oltre ad indicarci le ore comprese tra le 10:00 e le 15:00, con quel mix di sacro e profano tipico del disancantato modo di fare dei Romani, prima ci invita a riflettere con "Insegnaci o Signore a contare i nostri giorni" e poi a sbevazzare impunemente con "È sempre l'ora per un buon bicchier di vino". Che è un pò in effetti lo stesso ragionamento fatto da me quando ho cominciato a sospettare di non capirci un cazzo di come leggere una meridiana. A questo punto, seguendo gli insegnamenti del Signore, se i tempi coincidono con quelli della cena (o del pranzo), prima di passare sotto l'arco di via Rubino vi consiglio caldamente una sosta nella trattoria "tanto pe magnà", situata al civico 9/15 di via de Jacobis.
Come sempre più spesso accade, questi leggendari posti dove "se magna bene e se spende poco" sono diventati le nuove frontiere del radical chic, e attori e politici sempre più numerosi cedono al richiamo del piattone di carbonara in trattoria, secondo la nuova moda degli pseudo-vip che tra una scappata al Billionare e una seratina ad Arcore, non dimenticano i piaceri semplici e genuini del popolo a cui "si mischiano" per benevolenza e ritorno d'immagine ( lo dico con impercettibile vena polemica). 
A proposito di ciò mi è capitato di avvistare il presidente della regione Renata Polverini, che in un geniale seppure involontario atto di autoironia, ha scelto di portare il suo staff a cena proprio qui, nel posto che porta il nome dell'obiettivo primario della sua carriera politica, nonchè del vero e proprio leit-motiv della sua attività in regione: "TANTO PE MAGNA' ", appunto! Il sito web della trattoria è una celebrazione dell'essenzialità e del minimalismo: una pagina sola, poche cazzate e informazioni rigorose. In ogni caso le promesse vengono mantenute e questo ci piace molto, quasi quanto le polpette al sugo, la ricottina fresca dell'antipasto e l'immancabile gricia.

Soddisfatti e avvinazzati potrete riprendere il giro, imboccare via Rubino sotto l'arco, e godervi una piacevolissima passeggiata lungo questa amena stradina alberata, resa ancora più piacevole nelle serate primaverili dall'intensità del profumo dei fiori ( e se anche sentiste profumo di violette non aspettatevi di veder sbucare Padre Pio da qualche cortile). A metà strada un simpatico murales vi inviterà a soffermarvi per un ripasso completo della filmografia del grande Alberto Sordi. Prima di raggiungere Piazza Sapeto, vi suggerisco di curiosare nell'ultimo condominio a sinistra, dove, soprattutto nelle mattinate di sole, avrete la possibilità di godervi tutto il fascino di un intero cortile adibito a stenditoio, allestito con una variopinta esposizione di panni e lenzuola stesi ordinatamente ad asciugare. Confesso di provare una specie di attrazione morbosa per i caratteristici scorci di panni stesi al sole, umile spettacolo del quotidiano che grazie a quella commistione di semplicità, freschezza e rassicurante malinconia riesce comunque a suscitare un'emozione. Piazza Sapeto ci appare come un' autentica scenografia teatrale, in cui i palazzi sono le quinte di un palcoscenico che si apre inaspettatamente su un panorama metropolitano, lontano anni luce dallo splendore mozzafiato delle vedute del Gianicolo, ma con il fascino underground che solo le  periferie delle grandi città possono offrire. Al posto di una più classica cupola rinascimentale, la protagonista di questo scorcio urbano è la torre dell'orologio dell'albergo Rosso, uno dei quattro alberghi sorti alla fine degli anni trenta come ulteriore espressione architettonica del quartiere, e destinati ad ospitare temporaneamente gli sfollati del centro storico in camerate e spazi comuni.

A questo punto, nel caso abbiate esagerato con il vino di "tanto pe magnà", vi invito alla cautela nello scendere la scalinata di via Angelo Orsini, alla fine della quale, probabilmente complice l'alcol, troverete estremamente romantico il colpo d'occhio che vi si offrirà quando vi volterete alle vostre spalle. Al lato c'è la piccola fontana Carlotta, detta anche fontana degli innamorati in quanto storico luogo di incontro dei fidanzatini per i loro convegni d'amore prima della guerra:  un volto femminile incorniciato da lunghi capelli, da cui zampilla un getto d'acqua fresca, al tempo importante fonte di approvigionamento di acqua potabile per gli abitanti del quartiere.
L'immagine complessiva ci riporta a quegli acquarelli sul genere "Roma sparita", che lasciano un sorriso ebete sul volto ed una piacevolissima nostalgia, canaglia (come direbbe Albano) almeno quanto gli stronzissimi e scivolosi sanpietrini bagnati alla base della fontana.  Scesi dalla scalinata girate a destra per via Roberto De Nobili e proseguite fino a piazza Geremia Bonomelli.
A prima vista lo slargo non ha nulla di attraente, e prima che possiate pensare che vi abbia condotto in un posto totalmente inutile perchè ormai a corto di cartucce, vi segnalerò due piccole curiosità.

Innanzitutto, se guardiamo in alto sulla facciata del palazzo alla nostra sinistra, riconosceremo l'effigie della nostra beneamata ostella, protagonista nel precedente post dell'incipit di questo itinerario e simbolo stesso del quartiere. E' un busto di donna, che mostrandoci un seno scoperto, sembra invitarci maliziosamente a scoprire le sue grazie. E a noi piace pensare che in effetti ,se vogliamo davvero riconoscere la garbata ostella come personificazione del quartiere, quello che stiamo facendo è proprio scoprire le sue bellezze, in entrambi i casi neanche tanto nascoste, così come lei stessa ci invita a fare. Sempre sul muro dello stesso palazzo, un graffito di vernice rossa ci esorta con circa sessant'anni di ritardo a fare quelle che dovranno essere le nostre scelte politiche con un: "VOTA GARIBALDI LISTA 1" (Il volto di Garibaldi era l'emblema del Fronte Popolare in opposizione alla Democrazia Cristiana in occasione delle elezioni del 1948). Non si sa chi sia l'autore, ma è divertente immaginare che l'antenato di coloro che oggi verrebbero presi a calci nel culo per aver imbrattato le mura di un palazzo, abbia avuto le attenzioni di un restauro e di una pensilina a proteggere la sua personalissima, libera espressione.

Siamo quasi sul finale e vi garantisco che come in ogni spettacolo che si rispetti il bello deve ancora venire. Prendete via Basilio Brollo e girate a sinistra in via Rocco da Cesinale, seguendo l'anonimo tratto di strada che vi condurrà fino a piazza Longobardi. Lo spiazzo è dominato dall'elegante edificio che ospita l'asilo "casa dei bimbi", una delle poche costruzioni preesistenti al quartiere come villa e residenza di campagna ( a sua volta costruita sui resti di una Villa Romana di cui rimangono ancora tracce), e oggi conosciuta semplicemente come "la scoletta" dagli abitanti della zona. Da questo punto potete avviarvi verso il tratto più suggestivo e caratteristico, che scendendo per Via Giovanni Ansaldo e poi di nuovo a destra per via Randaccio culminerà nell'atmosfera incantata dell'omonimo Largo Randaccio. Insinuatevi nei cortili, tra nani da giardino e panni stesi ad asciugare (lo so è una fissa), piante che si arrampicano sui portici e palazzetti che sembrano piccoli castelletti in miniatura, dove al posto degli stemmi di famiglie nobiliari, compare il simbolo ICP (istituto case popolari) a ricordarci il paradosso di questo piccolo miracolo architettonico. L'estetica e la funzionalità, il passato e il presente politico, la semplicità popolare e le smanie intellettuali, sono quel continuo contrasto che rende unica questa piccola città nella città. Qui a largo Randaccio lascerò che vi perdiate per curiosare in giro. Concedetemi la piccola bastardata di avervi condotti per mano passo passo, per poi infine abbandonarvi tra i viottoli del quartiere, ben sicuro che alla fine converrete con me che perdersi un pò per la Garbatella è solo un'altra piacevolissima esperienza.
Il giro finisce qui..almeno per me ;)!

I contatti telefonici di "tanto pe magnà" (anche qui la prenotazione è d'obbligo) li trovate sulla pagina http://www.tantopemagna.it/

Grazie a Maurizio, Claudia e Luca per avermi accompagnato nelle mie esplorazioni del quartiere!



sabato 30 aprile 2011

Dice che al vino e "al resto" ci pensa la garbata ostella (I parte)

C'era una volta una bellissima ostessa. Nella sua locanda, adagiata sulla cima di uno sperone roccioso a sovrastare la basilica di S.Paolo, la fascinosa donna soleva accogliere con premura e dedizione i numerosi pellegrini che durante il celebre pellegrinaggio delle "sette chiese", decidevano di concedersi una sosta profana inebriandosi del vino e delle grazie dell'ostessa per riprendersi dalle loro sante fatiche. Si dice che la donna fosse a tal punto gentile e cortese che venne in breve soprannominata la "garbata ostella", ed è proprio a memoria delle sue garbate gesta (nel servire alla tavola come a letto) che la zona dove un tempo sorgeva l'osteria prese il nome di Garbatella.

E' un posto strano la Garbatella: la Roma e la romanità più autentica in un luogo che architettonicamente è quanto di più lontano ci sia dalla città che siamo abituati a conoscere. Passeggiare per il quartiere è una piacevolissima esperienza fatta di scoperte e familiarità. Ci si imbatte ancora nei veri Romani, con le trattorie veraci, i panni stesi, i bambini che giocano a pallone nei cortili, le signore affacciate alla finestra, e una genuina sinfonia di "aò" e "mortacci tua" come nostalgica colonna sonora di una Roma altrove sparita.
Il cuore del quartiere, la sua prima pietra e la genesi di uno stile architettonico soprannominato barocchetto Romano si ritrovano nell'incantevole piazzetta Brin. E' proprio qui che nacque la Garbatella, per ospitare operai e futuri lavoratori portuali in vista del grandioso progetto (mai realizzato) di costruzione di un canale navigabile parallelo al Tevere, che avrebbe dato vita a un importante porto commerciale alle porte della città (nell'attuale zona del Gazometro).

L'idea era quello di creare una sorta di città giardino fatta di villini, orti e cortili, dove gli abitanti potessero rivivere in perfetto equilibrio con gli spazi e le proprie dinamiche sociali, a metà strada tra il modello delle nuove periferie inglesi e la vita nelle campagne da cui i nuovi lavoratori sarebbero venuti.
Lo stile iniziale di questo quartiere, inizialmente concepito come un piccolo borgo marinaro,  risulta sorprendentemente ricercato, con elementi decorativi di gusto medievale che si fondono a richiami barocchi, vestendosi di povero solamente nella scelta e nell'utilizzo di stucchi e materiali economici.
Questa volta ho deciso di condurvi passo passo lungo un vero e proprio itinerario. Il consiglio è di seguirlo in un tardo pomeriggio estivo, così che possa interrompersi con un aperitivo all'aperto che faccia da apripista ad una smodata indigestione di trippa alla Romana Garbatella-style..

Propongo di partire proprio da Piazza Brin, dove tutto è iniziato il 18 febbraio del 1920 e dove il re Vittorio Emanuele III pose la prima pietra del quartiere, così come recita la targa posta sulla facciata del bellissimo palazzetto ocra, archetipo del già citato barocchetto romano  «Per la mano augusta di S.M. il Re Vittorio Emanuele III l'Ente autonomo per lo sviluppo marittimo e industriale e l'Istituto delle case popolari di Roma con la collaborazione delle cooperative di lavoro ad offrire quieta e sana stanza agli artefici del rinascimento economico della capitale. Questo aprico quartiere fondano oggi. XVIII Febbraio MCMXX.». Dalla piazza iniziate il percorso verso sinistra costeggiando i giardini con la pista di pattinaggio fino all'incrocio con via delle Sette Chiese. Dopo aver cambiato idea circa una quindicina di volte su quale villino vorreste possedere, arrivati all'incrocio avviatevi in discesa lungo questo piacevole tratto pedonale. La strada costeggia un parchetto che, dietro il suo anonimo aspetto di giardinetto di periferia concepito al solo scopo di sollazzare cani e cannaroli, nasconde all'interno di un'insospettabile casupola dal tetto rosso erroneamente identificabile come cesso pubblico, l'ingresso ad un vero e proprio tesoro sotterraneo: le catacombe di Commodilla. Il sito archeologico è normalmente visitabile su appuntamento, ma considerato che il nostro itinerario di oggi nasce con l'unico intento di una disimpegnata passeggiata tra i cortili e l'obiettivo di un'abbuffata in trattoria, rimando a futuri post di più elevato livello culturale-storico la descrizione di questo sorprendente monumento sotterraneo.
Girate di nuovo a sinistra per via della Garbatella (all'angolo c'è la mia personalissima scelta di villino dei sogni) e poi subito a destra discendendo per via Luigi Orlando, percorrendo la quale, mentre curioserete tra giardini e cortili evitando possibilmente di collezionare il numero massimo consentito di  "che cazzo te guardi?," raggiungerete in breve piazza Bartolomeo Romano al cospetto del celebre teatro Palladium.

A questo punto un breve salto temporale ci trasporterà dall'amena concezione di città giardino del 1920, alle incombenti necessità abitative in pieno periodo fascista, quando lo sventramento del centro storico e il conseguente dislocamento di parte della popolazione in zone periferiche, assecondò una diversa funzionalità architettonica nello sviluppo di palazzine più grandi, in grado di accogliere un maggior numero di famiglie e dove il verde degli orti individuali venne sostituito da cortili comuni, stenditoi e asili nidi. L'esasperazione di questo processo lo ritroviamo nella costruzione dei famosi alberghi di piazza Michele da Carbonara, di cui parleremo nella seconda parte di questo lungo itinerario.

Il Palladium nacque come cinema rionale di quartiere nel momento in cui la Garbatella, sempre più meta di sfollati trapiantati dal centro storico, cominciò a sentire l'esigenza di sviluppare servizi pubblici e luoghi di intrattenimento sociale. Da cinema di quartiere è stato riconvertito nel tempo in sala concerti, discoteca rock e oggi teatro. Potrei vantarmi di avervi assisitito a un fantastica esibizione live dei Muse, ma a quel punto per onestà intellettuale sarei anche costretto ad ammettere di aver presenziato in tempi non sospetti ad uno dei primissimi concerti degli articolo 31. Erano ancora agli inizi, avevo solo 17 anni, J Ax non era ancora lobotomizzato..e per evitare di continuare a lungo, sull'eco delle mie inutili e balbettate giustificazioni vi invito a proseguire in salita per via Francesco Passino fino all'incrocio con via Vittorio Cuniberti.

Prendendo via Cuniberti entrerete ufficialmente nella zona delle cosiddette "case rapide", altro esempio di sperimentazione architettonica che prevedeva la costruzione in tempi brevissimi di abitazioni dallo stile molto più sobrio e realizzate con materiali più economici rispetto al lotto originario di Piazza Brin. Questa è a mio parere la zona più affascinante del quartiere: l'atmosfera è quella di un piccolo borghetto fuori città, con le sue casette basse, i soliti cortili e il rumore della televisione e delle stoviglie riposte dopo il pranzo a rivelare una rassicurante quotidianità oltre le finestre aperte. E come in una antica Pompei potrete divertirvi a scovare tracce di "affreschi" giallorossi, testimonianze indelebili dell'ultimo scudetto della Roma, quando Garbatella e Testaccio si trasformarono in un vero e proprio monumento celebrativo a due colori.

Percorrete tutta la strada attraversando la silenziosa e suggestiva piazzetta Giovanni Masdea, e all'incrocio con Via Magnaghi, vi suggerisco una breve deviazione a destra verso Piazza Sauli. Una volta attraversati gli archi potrete infatti ammirare un interessantissimo esempio di architettura razionalista "di stato" nell'affascinante edificio che ospita la scuola "Cesare Battisti", con la sua bella torre traforata  (che fa molto New York anni '30) e le quattro aquile littorie, superstiti sentinelle di un tempo fortunatamente andato, rimaste a sorvegliare quello che è oggi uno dei quartieri storicamente più "rossi" della nostra città.
Tornando indietro per via Magnaghi, ripassando nuovamente sotto gli archi, continuate il precedente percorso girando a destra su via Giovanni da Montecorvino, da dove proseguirete fino a scendere i pochi gradini con vista che vi condurranno in Piazza Giovanni da Triora. Per dovere di cronaca, e in pieno tradimento di me stesso e della mia ripromessa di non nominare la sciagurata famiglia televisiva, mi trovo costretto ad informarvi che il Roma club Garbatella in fondo alle scale è conosciuto (e riconvertito) ahimè come bar dei Cesaroni, simpatici a me personalmente quanto un gatto attaccato ai coglioni (licenza poetica in rima ispirata dall'atmosfera goliardica del quartiere), e questo per via del suo utilizzo come location per l'omonima serie televisiva. Dimenticate in fretta questo scomodo dettaglio e proseguite per via Giustino de Jacobis fino a piazza Sant'Eurosia.

A questo punto è arrivato il momento di fermarsi per un aperitivo all'aperto nel wine-bar della piazza (l'Acino Brillo), magari contemplando il suggestivo arco di ingresso di via Rubino, in attesa che da un momento all'altro spunti Nanni Moretti in sella alla sua vespa (lo so è un clichè, ma glielo dovevo come par condicio per aver nominato i Cesaroni). Siamo giunti a metà del nostro percorso e non abbiamo ancora messo niente sullo stomaco.

Il tempo di qualche campari e un paio di prosecchi, e quando la fame si farà sentire, tornerò con la seconda parte di questo itinerario.

La visita alle Catacombe di Commodilla, situate in Via delle Sette Chiese 42, è possibile previo appuntamento con permesso della Pontificia Commissione di Archeologia sacra ( mei cojoni ci sta tutto) al numero di tel. 06/735824

Sempre in via delle Sette Chiese, al numero 68,  vi consiglio la pizzeria "i tre gatti". Aprendo il menù potreste sperimentare l'impulso di produrvi in una vile fuga accompagnata da imprecazioni varie alla vista dei prezzi delle pizze. In realtà scoprirete trattarsi di maxi pizze (tra l'altro molto buone) bi o più gusti per 2/3  persone. Se poi aggiungete la cortesia della proprietaria, degli ottimi antipasti misti (scordatevi i fritti, qui parliamo di cose serie tipo ricotta fresca e trippa al sugo) e un conto più che onesto allora mi ringrazierete per la dritta.