Se lo scorso Halloween zucche di plastica altamente infiammabili, attempate streghette sexy e parcheggiatori abusivi più aggressivi del solito non sono bastati a soddisfare la vostra fame di terrore, per il prossimo anno vi consiglio di pazientare almeno fino al 2 Novembre, quando i sotterranei dell'isola Tiberina sveleranno il macabro segreto di un antico cimitero, dove scheletri, composizioni di ossa umane e ragnatele vi regaleranno finalmente quel brivido in più che stavate masochisticamente cercando. Non tutti sanno infatti che in un seminterrato dell'ospedale Fatebenefratelli, attiguo alla chiesa di S. Bartolomeo all'isola, esiste ancora oggi la sede con cripta annessa di un'antica Confraternita religiosa, conosciuta come Confraternita dei Sacconi Rossi per via del curioso abbigliamento consistente in un mantello con cappuccio rosso ( in ogni caso nulla a che vedere con la petulante bambina della celebre favola).
La congregazione nasce nella seconda metà del Settecento e, in virtù della posizione estremamente strategica della propria base operativa, si dedica sin dal principio alla raccolta e alla sepoltura delle salme rinvenute nelle acque del fiume. Agli sfortunati titolari dei corpi restituiti dal crudele biondo Tevere venivano dedicate messe di suffragio nell'oratorio appositamente riservato, che nel corso del tempo venne letteralmente addobbato con le loro stesse ossa e parti di scheletri, assumendo l'attuale aspetto, per certi versi piuttosto sinistro, di ideale set cinematografico per horror-movies di serie B. A causa delle continue piene del Tevere che allagavano regolarmente la cripta, e soprattutto in occasione di un epidemia di colera che fece consigliare a papa Gregorio XVI una più canonica spoltura di tutti i cadaveri al cimitero del Verano, l'allegra confraternita perse con il tempo la propria ragion d'essere e si estinse alla fine del 1800, chiudendo apparentemente per sempre lo storico sodalizio tra l'antico fiume portatore di morte e i devoti custodi delle ossa delle sue vittime.
La rinascita della congregazione è avvenuta in anni più recenti grazie all'intervento dei cosiddetti "fratelloni" della Madonna dell'orto, simpatici confratelli devoti alla madonna protettrice dei pizzicaroli e dettaglianti alimentari in genere, che in questa riuscitissima joint venture tra "frutta e verdura" e morti annegati, hanno deciso di ripristinare le antiche tradizioni dei loro lugubri colleghi. Ed è così che, forse anche per sopperire alla mancanza di quel lato macabro, aspetto imprescindibile per una qualunque confraternita nell'immaginario collettivo ( in realtà per mantenere in vita le tradizioni delle confraternite Romane, così come previsto dal loro statuto), dall'inizio degli anni '90 i "Fratelloni" si ritrovano al fianco dei Sacconi Rossi nel ripetere la magia di un'antica processione a lume di candela, che ancora oggi si spinge sulla punta estrema dell'isola ripercorrendo le orme degli antichi compagni.
La processione prende il via subito dopo la messa celebrata nella chiesa di S.Giovanni Calibita, quando confratelli e devoti si avviano lungo lo stesso percorso che secoli prima portava i loro predecessori sulle rive del fiume alla ricerca di corpi da recuperare, accompagnati dalla suggestiva illuminazione delle torce, a cui si aggiunge oggi il moderno contributo di un tripudio di flash di fotografi degno di una prima cinematografica con red carpet. Se vi aspettate di trovarvi al cospetto di inquietanti personaggi seminascosti da mantelli rossi, sarete sorpresi di scoprire una simpatica congregazione di bionde signore fresche di parrucchiere, più adatte ad un torneo di burraco che al ripescaggio cadaveri, accompagnate da altri affabili personaggi, che dopo aver sorretto la pesantissima croce con incedere solenne fino alla punta estrema dell'isola, rivendicheranno il proprio ruolo da protagonisti chiedendovi cortesemente la spedizione delle foto perchè "aò, tutti l'anni sta fatica e a me manco 'na foto". Il corteo si chiude con un rituale dal sapore pagano, dove la sacralizzazione dell'elemento naturale diviene benedizione cristiana delle acque del Tevere, sigillato dal lancio di una corona di fiori in memoria di tutti gli annegati, alla cui lista rischia di aggiungersi un ulteriore manipolo di curiosi che si spintonano pericolosamente fra loro sui bordi del fiume per assistere meglio al momento solenne (per chi volesse evitare di finire venerato nella vicina cripta è consigliabile seguire la cosa da una distanza meno ravvicinata).
L'ultimo atto è la discesa nel piccolo cimitero sotterraneo e la benedizione da parte dei confratelli delle ossa dei defunti. In un atmosfera fortemente suggestiva, tra candele, teschi umani e macabre composizioni di ossa in lampadari di oscuro design, di fronte all'altare si scorge infine uno scheletro rivestito dell'abito tradizionale dei confratelli, una sorta di cappuccetto rosso stecchito la cui visione darebbe immensa soddisfazione al simpatico lupo della favola. Questo "gusto del macabro", caratteristica imprescindibile del nostro retaggio culturale religioso, e che da sempre attrae morbosamente ogni essere umano, si manifesta in questo luogo nel suo aspetto più ancestrale e raffinato. E così, opportunamente distanti dalle barocconate di importazione in perfetto stile Halloween, vi lascerete infine suggestionare dalla forza della tradizione, la cui ricchezza viene difesa e portata avanti da queste persone come parte importante della storia e della cultura della nostra città. Ed è per questo motivo che ai Sacconi Rossi va tutta la riconoscenza: la mia...e quella di chi ha concluso male un bagno al fiume un paio di secoli fa.